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Le perturbazioni

Risale addirittura alla seconda metà del secolo diciannovesimo il primo tentativo di realizzare una previsione delle condizioni atmosferiche attraverso lo studio della formazione delle depressioni alle medie e alte latitudini. Lo scrive R. Fitz-Roy nel suo volume "Weather book", edito a Londra nel 1863, con le testuali parole:"I vortici ciclonici alle nostre latitudini si formano nelle zone di interazione fra masse d'aria aventi differenti proprietà, le quali masse si originano rispettivamente nelle zone polari ed in quelle sub-tropicali". L'intuizione era veramente formidabile ma per parecchi anni ancora nessuno prese in considerazione una simile quanto ardita affermazione, dato che in quel tempo, per via dei commerci navali tra Europa e continente americano, si seguivano rotte sub-tropicali e pertanto risultava più comodo studiare ed analizzare la meteorologia convettiva che non certo quella sinottica.
E' necessario giungere ai primi del secolo ventesimo perché le affermazioni di Fitz-Roy venissero accolte e analizzate. Fu merito proprio della scuola norvegese con a capo V. Bjerknes iniziare uno studio sistematico sulle correnti alle medie e alte latitudini con la giusta convinzione che non sarebbe stato possibile analizzare le condizioni meteorologiche in Europa, e tanto meno prevederne l'evoluzione, utilizzando solamente osservazioni e dati meteo di singole località senza disporre di un quadro d'insieme su aree le più vaste possibile. Si giunse così, in modo particolare nei decenni 1920-1950, al metodo molto importante di segnare su carte geografiche adatte i dati rilevati tutti alla stessa ora e di tracciare isoterme e isobare che in qualche modo potessero legare, in figure particolari, le osservazioni di stazioni anche molto lontane fra loro, ma che presentavano dati quasi simili. Si crearono in questo modo dei quadri "sinottici", più completi e precisi di quanto non fosse stato fatto fino ad allora, quadri che costituirono e costituiscono, almeno in gran parte, l'ossatura di quella meteorologia, che sia pure attraverso profonde modifiche, è ancora oggi un fondamento delle previsioni del tempo: la cosiddetta Meteorologia Sinottica.
Essa si presenta tuttora come quel ramo della Fisica dell'Atmosfera in cui, vengono sviluppati modelli (concettuali e fisico-matematici) atti ad individuare soprattutto la struttura atmosferica tridimensionale e a prevederne l'evoluzione futura. V Bjerknes affermò infatti che "se l'analisi sinottica avesse potuto fornire una descrizione completa dello stato iniziale dell'atmosfera sarebbe allora stato possibile fare una prognosi degli stati futuri usando le leggi fondamentali dell'idrodinamica e della termodinamica".
Il modello venne chiamato anche modello del fronte polare poichè fu inizialmente applicato soprattutto ai fronti di avanzata di aria di origine polare, in arrivo, per il continente europeo, in modo particolare dalla Groenlandia. Il modello dunque ebbe alcuni significativi successi prognostici per le Nazioni affacciate sull'Atlantico, come Isole Britanniche, Scandinavia e Francia, ma si rivelò spesso ingannevole in regioni dal clima più tumultuoso e troppo variabile, come il Bacino del Mediterraneo, dove l'orografia, in modo speciale quella alpina, interagendo in maniera molto marcata con i fronti di perturbazione, ne modifica sostanzialmente la struttura e il movimento.
La scuola norvegese era praticamente l'unica seguita nel campo delle previsioni meteorologiche e ricevette anche un notevole contributo di perfezionamento in modo decisivo ad opera dell'inglese R. Sutcliffe, il quale mise a punto la cosiddetta teoria dello sviluppo baroclino. Questa teoria fece fare alle previsioni un notevole balzo in avanti con l'idea di collegare l'evoluzione dei campi dinamici e termici in quota con quelli al suolo dimostrando che le perturbazioni al suolo dipendono in gran parte dall'evoluzione alle varie quote. In questi anni si ebbe anche un miglioramento, seppure modesto, della rete di osservazione dei parametri meteo in quota, attraverso i sondaggi con radio sonde e così Sutcliffe mise in evidenza che la formazione di un vortice ciclonico negli strati bassi dipende molto spesso da un' instabilità su grande scala dei sistemi in quota. Tale instabilità è collegata principalmente ai gradienti termici, denominata instabilità baroclina, e produce nel ramo orientale della saccatura di un'onda in quota, un'ampia zona di divergenza di massa; al di sotto di tale zona, per compensazione, vi è dunque una regione di moti verticali ascendenti ed un'altra di convergenza negli strati prossimi al suolo.
Nei bassi strati, per effetto della forza di Coriolis, l'aria penetra nella zona di convergenza con movimento antiorario a spirale creando così un caratteristico vortice ciclonico; inoltre lo stesso processo produce un'ondulazione sul fronte di avanzata dell' aria fredda, cioè sul fronte freddo, determinando, in una prima fase, la formazione del sistema frontale costituito da fronte freddo e fronte caldo e successivamente lo sviluppo del sistema maturo fronte freddo-fronte caldo-fronte occluso.
Durante e soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale la meteorologia e le previsioni meteorologiche ebbero un grande sviluppo in particolare per il grande miglioramento della rete di osservazioni al suolo e in quota con maglie sempre più strette. Fu allora che un gruppo di meteorologi scandinavi, fra i quali primeggiarono S. Petterssen ed E. Palmen dell'Università di Chicago che svilupparono meglio, date le nuove possibilità, la teoria dello sviluppo baroclino che divenne nel periodo fra la fine della guerra e gli anni 70 il più importante e preciso strumento a disposizione dei previsori sinottici del tempo a breve scadenza. Per quanto riguarda poi le scale di moto, l'individuazione di numerosi sistemi di tempo non etichettabili nell'ambito della Scuola Norvegese portò anche alla messa a punto di un nuovo importante strumento diagnostico e prognostico:l'analisi di scala. Un quadro sinottico di una situazione meteorologica infatti coinvolge sistemi aventi dimensioni spazio-temporali diverse, cioè scale che lavorano in intervalli temporali diversi, su estensioni territoriali diverse, con contenuti energetici diversi, ma tutte presenti contemporaneamente in un'intrigata sequenza di interazioni.
Il gruppo di Chicago catalogò poi in maniera esemplare le correnti a getto, quelle correnti velocissime, fino a oltre 500 chilometri orari, che si sviluppano in determinate zone della troposfera e della stratosfera. Di queste correnti fu riconosciuta la dinamica di formazione e di evoluzione, la loro posizione rispetto agli altri sistemi e la loro estrema importanza nell'evoluzione dinamica delle situazioni meteorologiche.
Fra l'altro sul testo di S. Petterssen "Weather Analysis and Forecasting" e su quello di E. Palmen e C. Newton "Atmospheric Circulation Systems", si sono formati, almeno nella fase iniziale della loro carriera, migliaia di meteorologi in tutto il mondo.
Nella seconda metà degli anni 70 era già molto sentita, in molti campi di ricerca e di applicazione, la necessità di previsioni attendibili anche a media (3-5 giorni) o a lunga scadenza (7-10 giorni). Con la costituzione successiva di alcuni supercentri di elaborazione, fra i quali spicca l'European Centre for Medium Range Weather Forecast (ECMWF), fu riconoscere che bisognava essere sufficientemente sicuri dell'analisi di partenza, in altre parole quali caratteristiche di base avrebbe dovuto avere una rete mondiale di osservazioni. Fu questo uno degli obiettivi del GARP (Global Atmosphere Research Programme). I risultati in questo senso furono sintetizzati nell'importante convegno tenuto a cura dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale a Princeton nel dicembre 1982. Le conclusioni, purtroppo, non furono ottimistiche: si stimò che una rete osservazionale adatta per una buona analisi di partenza atta ad ottenere con metodi numerici previsioni di 15-30 giorni aventi la stessa attendibilità di quelle a media scadenza (cioè fino a circa 7-10 giorni) sarebbe stata disponibile presumibilmente nei primissimi anni del 2000, realizzazione d'altra parte non ancora attuata fino ad oggi. Fino a quel momento bisognava ancora affidarsi alle tecniche tradizionali non numeriche. Di conseguenza per verificare i progressi fatti in tutti i campi, sia in quelli tradizionali, sia in quelli della modellistica numerica orientata verso la lunga scadenza, l'OMM cominciò ad organizzare convegni a ritmo biennale a partire dal 1983; il primo di tali convegni si tenne al College Park in USA e l'ultimo, sui Climate Risk con sottotitolo "Living with Climate Variability and Change: Understanding the Uncertainties and Managing the Risks" a Espoo, Finland, 17-21 July 2006.
Sulla scena di questo tipo di previsioni si era intanto affacciata una nuova metodologia, quella delle teleconnessioni, che si basa sullo studio di anomalie imponenti che si verificano in determinate zone del globo che possono influenzare la circolazione generale dell'atmosfera. Esse possono generare, anche dopo molto tempo perfino di mesi altri fenomeni ben individuabili in regioni del globo lontane a volte molte migliaia di chilometri da quella dell'anomalia iniziale.
Ancora più avanti, per una più accurata analisi probabilistica previsionale, ci si rivolse infine anche agli scambi oceani-atmosfera, come pure quelli superfici ghiacciate-atmosfera, poiché, soprattutto nel lungo termine, influenzano in maniera importante la circolazione atmosferica globale.
Al giorno d'oggi importante lo studio dei fenomeni atmosferici con modelli a maglie sempre più fitte, in modo da ottenere una previsione attendibile almeno fino a 4-5 giorni dell'evoluzione delle condizioni atmosferiche su aree sempre più circoscritte, come ad esempio grandi città, anche con l'aiuto di supercalcolatori e dei dati satellitari in orbita geosincrona o polare.




 

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