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Il “Si quaeris miracula…” di San Nicola di Bari
  

Quando si venga a contatto con l’incipit dell’inno “Si quaeris miracula…” il pensiero corre istantaneamente al notissimo responsorio di Sant’Antonio di Padova, certamente il più pregato in tutte le latitudini, compreso, si dice, il mondo islamico.
Non meno illustre, per vetustà e diffusione, risulta il “Si quaeris miracula…” nicolaiano, cioè la sequenza impetratoria rivolta al Santo di Mira, divenuto il primo e più celebre cittadino barese, sembra un ossimoro, sin dalla notte dei tempi all’alba del secondo millennio.
E’ questo un documento un tempo molto studiato nei programmi di Letteratura Mediolatina nella Facoltà di Lettere dell’Università di Bari. Devo infatti alla professoressa Maria De Marco, mia compaesana e docente di Mediolatino in quella Università a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta, l’interesse per la letteratura nicolaiana e fui da lei esortato a scrivere in proposito, avendomi lei stessa donato dei materiali di studio. Son passati cinquant’anni da quei tempi e solo ora, nella mia maturità, trovo il modo per adempiere a quella promessa…
E’ Francesco Babudri (Istria 1879 – Bari 1963) che a tutt’oggi risulta il più accreditato esegeta della sequenza nicolaiana (1), avendole dedicato pagine di intenso fervore devozionale, piene di annotazioni stilistiche, metriche ed etimologiche.
Nel suo saggio, il Babudri afferma che la sua riflessione scritta persegue due scopi: quello di “chiarire l’origine, la natura e l’epoca del componimento nicolaiano” e quello di “tentarne una ricostruzione ritmica, per lo specifico motivo della struttura prosodica presentata nella prima strofa” (2).
A proposito dell’origine, il Babudri conduce un discorso comparativo tra la sequenza nicolaiana e quella antoniana, installando un raffronto, pari, pari, tra le prime tre strofe; proprio da questo raffronto scaturisce, secondo lui, una maggiore antichità del testo antoniano, della qual cosa personalmente non sono pienamente convinto. Anche le date che riguardano gli inizi dei due culti sono abbastanza differenziate, e sono a favore di quello verso San Nicola.
E’ vero che la santità di Antonio viene popolarmente acclamata a pochissima distanza dal trapasso del Frate francescano, ma siamo quasi a metà del XIII secolo, mentre il culto nicolaiano, già diffusissimo nel mondo orientale, esplode con l’arrivo a Bari delle insigni reliquie del Santo, evento che accade nel 1087, cioè con quasi 150 anni di anticipo rispetto alla devozione antoniana.
Le ragioni che il Babudri adduce a sostegno della sua tesi sulla maggiore antichità del Si quaeris antoniano posssono essere capovolte, cioè che la caratteristica di una stesura più dotta debba essere necessariamente rivelatrice di maggiore antichità potrebbe invece essere l’evidenza di una rivisitazione più dotta e raffinata, giacchè la sequenza nicolaiana è di provenienza popolare, mentre quella antoniana la si fa risalire al frate francescano Giuliano da Spira se non addirittura a San Bonaventura da Bagnoregio.
Quanto all’assunto che il miglior costrutto mediolatino sia più antico rispetto ad un costrutto più scadente, può essere ugualmente ribaltato; cioè potrebbe essere il contrario. Il miglior o peggior costrutto può discendere dalla loro paternità: popolare quello nicolaiano, di estrazione ecclesiastica quello antoniano, che lo stesso Babudri ascrive definitivamente a Frate Giuliano da Spira.
Considerate tutte queste evidenti testimonianze e continuando a rimanere in retorica polemica col Babudri, dal momento che egli non può controbattere, non riesco a darmi una spiegazione come mai egli, rispetto all’inno antoniano, riconosca la maggiore antichità di scritti nicolaiani in Francia, ai quali “la sequenza Si quaeris ha un riferimento, che ne aumenta considerevolmente l’importanza storica e letteraria” (3).
A tale letteratura devota francese “appartengono gli inni sulla Manna di S. Nicola, fra i quali van ricordati i versi di quel grande poeta e teologo, che fu Adamo da San Vittore, canonico dell’omonima abbazia parigina, morto l’8 luglio 1177 (4). Infatti si deve ad Adamo la lode a San Nicola “Ex ipsius tumba manat unctionis copia; quae infirmos omnes sanat per ejus suffragia” (Dalla sua tomba fa sgorgare abbondanza di unzione, che sana tutti gli infermi per mezzo delle sue preci (5)). Eppure alla morte del canonico (1177), Sant’Antonio di Padova non era neppure nato. A ciò bisogna aggiungere che della biografia leggendaria di San Nicola aveva scritto dettagliatamente anche l’agiografo bizantino Simeone Metafraste (6), revisore del Menologio nel decimo secolo.
Superata la diversità di parere, mio e del Babudri, sulla priorità temporale dell’un Si quaeris sull’altro con posizioni retoriche inalterate – sempre per mancanza di contemporaneità di dibattito, vale la pena ora addentrarsi nell’analisi testuale della sequenza nicolaiana.
Esaminando i versi che compongono le irregolari strofe dell’inno, vien fuori una galleria iconografica di ex-voto, come si possono ammirare nelle sale attigue alla Basilica di San Nicola situata in Barivecchia: i ciechi che acquistano la vista, gli zoppi che camminano, le ossa del Santo che trasudano un liquido inodore e incolore, noto con la denominazione di “manna” miracolosa. Scompaiono i pericoli, cessano le tempeste, i naviganti ringraziano. Le strofe successive Lo cantano come un dono di Dio al suo genitore naturale, lo descrivono come ammirato dagli Agareni , come consolatore delle tre vergini, nonché amato dai Pàtari . “Come pegno ai Baresi, come manna a tutti i popoli; tutti i forestieri vengono a Te deferenti, portando dei doni, o felice Bari. I naviganti si rivolgono a Te e subito viene offerto aiuto, si placano i marosi mentre Tu preghi la Vergine. Le partorienti Ti invocano e subito scaturisce la manna e cessano i pericoli del parto, come pure i malati allo stesso modo sanano mentre Tu intercedi presso il Signore. Siano liberati tutti i tribolati e gli infermi da ogni male, o glorioso San Nicola. Amen! Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. O terrore di Ario, estirpatore delle eresie, liberatore dei tribuni, protettore dei tre fanciulli, o Nicola, Tu che sei potente e valoroso, abbi pietà di noi mortali. O amico di Dio, Nicola, insignito del copricapo pontificale mostrati amico verso tutti”.
 

Enzo Pagliara


1) F. Babudri, Sull’antica sequenza “Si quaeris “ di S.Nicola di Bari, in Japigia, anno V, fasc. III, Bari 1934.
2) Ibidem, p. 220.
3) Ibidem, p. 234
4) Idem
5) Idem
6) (…. – 987)


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