Ogni paese ha una via particolare. Una via, si direbbe, con un
carattere così speciale da non poter essere confusa con
nessun’altra. Tuglie ha una via speciale che si chiama Via XXIV
Maggio. Speciale perché? Forse per quell’aria di ‘antico’ che vi si
respira ancora nonostante la ‘manomissione’ (ma lo si chiami
‘ammodernamento’ per non contravvenire agli obblighi dell’ipocrisia
linguistica) di alcuni edifici, delle sue case piccole, povere,
strette, ma, pur nel limitato spazio, ariose per il loro affacciarsi
sulle corti, qui numerose e meglio conservate.
Corte in Via XXIV Maggio |
La corte è quel che
conferisce unità a questa strada rimasta a lungo indenne dalla brama
del nuovo ad ogni costo, non di ciò che può essere intelligentemente
salvaguardato. Malinconie da pedone che se ne va sulle orme della
sua memoria e sente sotto i piedi non il lastricato appena rifatto,
e che dà visivamente una sensazione di maggiore ampiezza, ma quello
antico che guadagnava, nel processo di identificazione del luogo,
una denominazione ulteriore a quella via: “la via ‘nsalacata”.
Perché quel tipo di basolato che la pavimentava entrava a far parte
del ‘carattere’ di quella via e diveniva cifra di riconoscibilità
del luogo. Cifra cordiale, come la vita, austera e semplice, che vi
si svolgeva. Una vita in cui le strettezze erano affrontate con la
filosofia dei poveri, che sanno trovare una plausibile ragione a
tutto, e conoscono le difese giuste per sopravvivere in attesa,
sempre, di tempi migliori.
Corte in Via XXIV Maggio |
Le porte e le finestre delle case potevano guardarsi
vicendevolmente; anch’esse, par di capire, con la simpatia o
l’antipatia con le quali si guardavano coloro che vi abitavano. La
vita quotidiana rinsaldava una solidarietà di vicinato che
assicurava interventi rapidi e corali in momenti difficili.
Tutte le corti sono schierate da un lato, eccetto una o due, più
piccole, dispettosamente cresciute dall’altra parte, quasi a cercare
un varco verso una via ritenuta forse più ‘rappresentativa’. Ma poi
avevano finito per condividere con il lato ‘forte’ ciò che della
strada era proprio e desiderabile. Entrare in quelle corti era
addentrarsi in microlabirinti fatti per eccitare una fantasia
infantile. Dava il senso dell’avventura. E intanto il buon odore del
pane appena sfornato riempiva l’aria, spandendosi da un forno posto
quasi a uguale distanza dai due sbocchi della via: la chiesa della
‘buona morte’ a un capo, la piazza all’altro capo. E da via XXIV
maggio passavano le processioni: tutte! Non perché non ci fossero
tragitti alternativi, no! per la semplice ragione che Via XXIV
Maggio aveva un dignità riconosciuta alla quale anche i santi, nelle
occasioni solenni, benevolmente s’inchinavano.
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