l
luogo è semplice come d’altronde dovrebbe essere una barbieria di paese,
dove si tramanda una cultura del servizio. Tommaso Ingrosso, meglio
identificabile come Tommasu Sipana, svolge a Tuglie l’antica arte del
barbiere, secondo i canoni antichi del mestiere.
Lui sa fare il barbiere, fedele alla cultura della rasatura classica con il
rasoio a mano libera. Il suo rasoio scivola sulla pelle senza arrecare
screpolature o piccoli tagli, lasciando la pelle in salute. Conosce il volto
di ognuno dei suoi clienti e sa come trattarlo. Preciso come un chirurgo
centra il bersaglio con maestria.
È bravo davvero, ma è anche come si è soliti dire nu grande fiju te puttana.
Cordiale e pungente, pettegolo con discrezione, maestro dell’equivoco. Ed è
così che nelle ore di attesa, gli astanti assistono ben volentieri alle
piccole commedie che modulano e rispecchiano la vita dei paesani, che non si
sottraggono allo sfottò, anzi lo alimentano e lo condiscono con dovizia di
particolari inventati o verosimili. Ed è allegria che si manifesta e si
conclude – qualche volta – con il risentimento e il rancore del povero
malcapitato di turno, abbondantemente canzonato. Ma poi tutto si aggiusta e
riprende l’atmosfera dolce e serena di un luogo esclusivo per uomini che si
concedono il piccolo lusso della barba e del taglio dei capelli.
Moris Panareo è il suo aiutante: sornione e ironico, non concede nulla di
sé. Ha appreso bene il mestiere e ne è fiero. Punzecchia e brucia con
disinvoltura le sue vittime fra un taglio di capelli e una barba.
Questo luogo è la pagina scritta delle tradizioni di un paese che sopravvive
alle regole del modernismo e ne accentua la specificità di un vivere
contraddistinto di ritorni al passato e di coinvolgimenti nell’attualità dei
fatti. Vi è la difficoltà di raccontare la storia della bottega, quasi
impossibile tracciarne una linea di narrazione completa per le tante
vicissitudini di cui è stata ed è protagonista, ma la descrizione seppure
sommaria di alcuni clienti è doverosa.
Antonio Levantaci detto cannone è felice, sempre. Non conosce la grammatica,
parla un dialetto claudicante e sofferente, ride come un fanciullo, beve il
caffè, fuma, legge il giornale ma non comprende le notizie. Il mondo lo
guarda diversamente da come lo guardano gli altri e non gliene importa nulla
di esso. È esperto in numerologia, nel senso che vorrebbe trarre dai numeri
fortuna e ricchezza per godersi meglio la vita con un sorriso ancora più
largo ed elastico di quanto lo sia ora.
Biagino il vinaio, scombina e sconquassa l’atmosfera della bottega con il
suo linguaggio rude e blasfemo. Quatto, quatto irrompe nei momenti di
tensione verbale dei clienti e lancia strali ai presenti o al povero
politico nazionale o locale. Tutti lo vogliono, tutti lo desiderano, tutti
lo cercano. E lui come un serpente morde e fugge. Poi compare quando lo
ritiene necessario per aggiungere un dettaglio dispettoso e irriverente
verso qualcosa o qualcuno. E infine la risata sarcastica e soddisfacente che
nell’evolversi della mimica facciale diviene essa stessa espressione di
teatralità e compiacimento del suo essere scortese e impietoso. È da
consideralo, se si può dire, come Pasquino, pur non avendo nulla in comune,
in riferimento al linguaggio elegante e forbito, con il personaggio storico
della Roma papalina, per le sue geniali satire contro il potere. Biagino è
un Pasquino contadino che con le sue pasquinate piccanti ed effervescenti
sollazza e diverte ancora di più quando discute con Ucciu Ria. È difficile
contenerli entrambi. La conversazione diventa commedia; narrazione
estemporanea dei fatti di un paese che nella comicità rivela le abitudini
buone e cattive di una comunità. E poi ce ne sono altri che contribuiscono
alla tradizione paesana di giocare e scherzare su persone e fatti: Antonio
Giorgino, sagrestano e sommo priore; Nziatinu, la vittima preferita del
maestro; Antonio Scarpa, sottile come una lama di coltello; Angelo te Matinu
che a Tuglie ha imparato le regole del gioco a carte; Mauro Marzano,
invadente, spocchioso ma simpaticissimo; Angelu te la protezione civile
sempre distratto e alle prese con la riscossione degli arretrati.
Nel tentativo di narrare vita spicciola si rischia di tralasciare qualcosa
d’importante. Vorrà, quindi, scusarmi il lettore per eventuali omissioni,
errori o irriverenze. Ciò che conta è avere tracciato uno spaccato di vita
spicciola che nel luogo della barbieria diventa storia che accomuna persone
e amici.
* /corpo */>
Tuglie...per raccontar paese...
* sotto */>
Tutti i marchi, foto, immagini e
scritti presenti sul sito
appartengono ai legittimi proprietari.
E' severamente vietato copiarne i contenuti.
Sito ottimizzato per: