Silvio Nocera è nato a Tuglie, nel Salento, nel 1943.
Ha esposto, a Lecce, Otranto, Ugento, Gallipoli, Milano e in luoghi
più lontani, New York, Mosca. Qui, nel 1985, ha ottenuto un premio
speciale nel concorso internazionale "per la pace e l'umanesimo,
contro la minaccia della guerra nucleare'.
Sue opere sono in esposizione nella Galleria "Modigliani" a Milano,
presso il suo studio in via Piemonte, a Tuglie (0833.596710), altre
si trovano in collezioni pubbliche e private in vari Paesi del
mondo.
Due sono gli elementi
di spicco che si affermano nella produzione più recente di Nocera;
o, già presenti nel suo iter, si confermano assumendo un ruolo
protagonistico. Il primo è la pietra; il secondo, l'irruzione dei
colori più squillanti e festosi. La pietra è muta: ora erta verso il
cielo nella stilizzata, ed arcaica, forma-figura del menhir; ora
casualmente disposta sul terreno; ora collocata in studiate forme
suggente da necessità quotidiane servite però da precisi e pazienti
accorgimenti tecnici. Proprio il mutore della pietra e quel che
sommuove pensieri ed emozioni, e induce ad interrogare e ad
interpretare quel silenzio. Il menhir è immagine di un divino
enigmatico e familiare insieme pietra sacra che s'accompagna a due
piante di rilevante significato simbolico stratificatosi nel tempo
in seno alla cultura mediterranea: l'ulivo e l'alloro. Il cerchio di
pietre nell'aia contadina è specchio del disco solare, utero
pullulante di vita, luogo d'un rito profondo e
segreto, gioioso e
drammatico come gioioso e drammatico è il tamburello con le sue note
ossessive: alto, nell'aria, configura anch'esso l'universo solare e
la sua musica creatrice. I colori sono densi e squillanti: una
tavolozza che per sè, senza complicate mediazioni, traduce il senso
pieno di una mediterraneità quotidiana, ma impregnata di miti e
magie soffiati fino a noi da un vento di secoli remoti. Nocera s'è
liberato della preoccupazione d'una obbedienza prospettica
tradizionale; tratta forme e colori con la piena libertà che il
gioco dell'immaginazione concede. Pur tra qualche suggestione alla
Chagall, conserva un impianto e una disposizione di forme e di
colori che scaturisce da un sentire istintivo, ma da una istintivita
controllata dalla meditazione. Questo puo' dire un'immagine
riassuntiva qual è quella della rappresentazione di una festa: rito
corale nel quale la gioia del corpo si trasmette circolarmente da
chi danza a chi guarda, e ritorna al centro in un flusso di pura
energia che si fa essa stessa colore.
Luigi Scorrano
Era già lì quella
civetta quando una mattina sono arrivati e scendevano dalle navi e
lei assorta li guardava venire.
Brano uomini liberi quei Messapi? E i salentini? Vola alta la
civetta e li guarda venire e attende che se ne vadano. Nessuno ha
visto nascere quella civetta e nessuno ha visto muoversi per la
prima volta le sue ali. Arrivano con le corte spade i soldati e la
civetta li guarda venire, li guarda vivere e li guarda morire,
schiocca la sua voce nel profondo silenzio del Tempo.
Del Tempo che non ha oggi né domani, che ci ricorda e ci avvolge e
vive di tuoi segni, Silvio nella misteriosa energia dei tuoi uomini
filiformi.
Aldo De laco
Nocera sminuzza il
grandioso miracolo dell'universo biblico e stranamente precristiano,
riportandolo con efficace resa pittorica al dopo Cristo, per gustosi
capitoletti, a sua volta facendo meravigliare chi guarda i suoi
quadri sotto il profilo tecnico: non c'è la pennellata piena e
distesa della tradizione, ma un disegno che pare bulinato non sulla
superficie uniforme del legno o del metallo, ma scabra, costruita
con la polvere di tufo che egli appiccica distendendola sulla tela
(o anche sul legno) quasi a significare, in una occulta simbologia
antropologica, la essenza tufacea, pietrosa ma dolce del Salento.
Ennio Bonea
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Tuglie...per raccontar paese...
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