Segni viventi del nostro passato, fatto di dominazioni straniere
ripetutesi in epoche diverse, sono i vocaboli latini, arabi,
francesi, spagnoli presenti nel dialetto parabitano. Essi trovano
tenaci radici (fedeltà alla terra?) in larghi strati della
popolazione contadina.
Ancora oggi i più anziani (ma non solo) per comunicare inter pares
si servono di un linguaggio dialettale genuino che risulta
ricchissimo di sonorità.
Tali vocaboli sono stati assorbiti e adottati dalle nostre
popolazioni a ondate successive, ascoltandoli dalle diverse
soldataglie o dagli esosi gabellieri che dominarono sulle nostre
contrade.
Va da sé che la maggior parte dei fonemi del dialetto parabitano
sono di origine latina, lingua che penetrò profondamente nelle
popolazioni conquistate quando si sovrappose al messapico e al greco
dopo la conquista della Magna Grecia operata dai romani, allorché
sconfissero Taranto e le città messapiche, fra le quali Bavota, ad
essa federate (a. 266 a. C).
E poiché i conquistati anelavano a diventare cives, cercavano di
omologarsi anzitutto nel linguaggio, apprendendo da subito la nuova
lingua dei dominatori. Ecco allora che la maggior parte dei vocaboli
del nostro dialetto deriva dal latino: un latino popolare, parlato
dal volgo, una lingua rozza ed elementare, diversa da quella
ciceroniana parlata dai letterati.
Moltissimi sono tali vocaboli presenti nel nostro parlare ma, per
non essere prolisso e noioso, mi limito a citarne soltanto alcuni,
prima che la civiltà della comunicazione e omologazione li cancelli
per sempre.
Brustulaturu - ustulaturus -
tostino;
crai - cras - domani;
buscrai - post cras - dopodomani;
buscriddhri - (voce locale) - fra tre giorni;
cràulu - graculus - corvo nero;
cuatizzu - cubaticius - uovo non fecondato dalgallo;
icchinnonni - sic et non - sì e no;
iddhru - illuni - egli;
insite - insita - ulivi innestati;
limbatali - lintìtaris - soglia;
naschia - nasica - naso fuori dal normale;
nustierzu - nudius tertius - avantieri;
nustierzignu - (voce locale) - tre giorni fa;
osci - hodie - oggi;
panticu -paventimi - spavento;
puteca - apotheca - bottega;
rusciu - rugitus - rumore, sussurro;
sciusceri - gigerium - ventriglio;
spetacaturu - spedicaturus - pettine;
termite - termitem - olivo selvatico;
triulare - tributare - mettersi a lutto, vestirsi dinero. |
Pochi sono invece i vocaboli che
testimoniano la presenza di commercianti arabi nelle nostre contrade:
Cupeta - qubbaita -
croccante di mandorle e miele;
fundacu - funduq - tabaccheria;
lammiccu - al.anbiq - alambicco;
tàfuru - tafarrig - pugno, cazzotto;
zzaru - zahr - acciaiolo;
scapece - Hskebèg - pesce marinato con aceto e zafferano. |
La dominazione spagnola, della quale conserviamo nella memoria numerosi
esempi di architettura (nei palazzi) e di fede (nelle processioni
devozionali), sebbene abbia avuto una durata di tre secoli circa, nel
nostro dialetto ha lasciato poche testimonianze. Evidentemente le
cattive amministrazioni dei rapaci governanti, non hanno fatto amare
molto il loro idioma. Eccone alcuni:
Bascu - vasco - berretto senza visiera;
capezza - cabeza - testiera del cavallo;
chìccara -jicara - tazzina da caffè;
crianza - crianza - riguardo di rispetto;
lana -jana - cattivo umore ;
ntrassare - atrasar - accumulare debiti;
pastija - pastilla - stucco usato nell'edilizia;
pilèu - pelèa - polemica, piagnucolio;
racanu - huracan - temporale;
samana - semana - settimana.
Più nutrito al contrario il complesso dei termini francesi
fatti
propri dalle nostre popolazioni:
ballanzé - balancez - ballate (nella quadriglia);
brilloccu - breloque - ciondolo che brilla;
buatta - boit - barattolo di salsa;
buche - bouquet - portafiori;
ciminea - cheminèe - mensola del camino;
cummò - comò - comò;
fiandhra - Fiandre - panno di Fiandra;
giacchetta -jaquette - giacca da uomo;
medda - mette - nespola selvatica;
murtieri - morder - malta;
pendindiffi - pendendif - orecchino;
rucculare - oucouler - il tubare dei colombi;
ngialanutu - jalné - di un cattivo colore giallo;
scingitama - changez dame - cambiare dama;
sciarabbà - char-a-banc - carro con balestre;
sinfasò - sans-facon - alla carlona;
traìnu - train - carro agricolo;
turnisi - tournois - monete;
ucceri - boucher - macellaio.
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