Ambrogio Piccioli: l’uomo, l’imprenditore, l’amministratore cittadino, il benefattore.
Il Cav. Ambrogio
Piccioli
“Onorò il vivere umano
esaltandone con convinzione
in ogni ora e in ogni atto
i più nobili scopi
armonizzandone virtuosamente
pietà e bontà
giustizia amore e sacrificio
nella trasparenza serena
della sua anima eletta”.
Il 22 giugno 1943 si spegneva a Tuglie, dove era nato da Giuseppe il 20
settembre 1864, un uomo grande per i tugliesi, un vero pater patriae,
uno che meritoriamente aveva reso meno anonima la sua piccola patria,
permettendole di essere annoverata tra le nascenti realtà archeoindustriali
in una ancora generalmente depressa economia salentina.
Si spegneva una fiaccola, nella pressocchè oscura cittadina, in un momento
abbastanza tragico per l’Italia, ad appena un mese da quel 25 luglio che
chiudeva un’era nella quale, con soli obiettivi personali positivi, il
Cavalier Piccioli aveva avuto un ruolo da protagonista nel suo territorio.
Proveniente da una famiglia della media borghesia agraria, aveva continuato,
modernizzandola ed ampliandola, la piccola attività paterna dell’estrazione
degli spiriti dai cascami della vinificazione.
La sua attività imprenditoriale fu il fiore all’occhiello di tutto un
fermento socio-economico che investì favorevolmente la Tuglie
fin-de-siècle e promosse l’espansione urbanistica nel rione Termiti con
strade più larghe e dritte e con abitazioni più comode e meglio accessoriate
rispetto alle dimore popolari del centro storico.
Al trapasso dei due secoli la Distilleria Piccioli già esisteva; la discreta
disponibilità di lavoro sul territorio, tuttavia, non scoraggiò
l’emigrazione verso l’Amerca, forse l’arginò, ma il forte aumento
demografico e quindi la crescente domanda di lavoro ne soverchiò l’offerta e
lo sbocco naturale rimase il doloroso allontanamento dalla terra natia.
Il successo imprenditoriale di Piccioli lo impose, agli occhi della
cittadinanza, come la persona più indicata a traghettare il paese da una
sclerotizzata conduzione padronale, paternalistica, pietistica e poco
sociale dai Sindaci Ria, nel secondo Ottocento, ad un’Amministrazione più
moderna e attenta alle istanze che provenivano da una popolazione che
chiedeva lavoro, condizioni economiche meno miserevoli, un’istruzione
pubblica più estesa e, più in generale, un assetto urbano meno asfittico e
più salubre.
Con l’avvio del suo opificio, Piccioli diede impulso all’accogliemento,
abbastanza sollecito, di queste istanze e la sua elezione a Sindaco –
1909/1914 – vide, tra l’altro, la ristrutturazione spaziale, architettonica
e logistica della piazza principale del paese.
Al momento dell’inizio dei lavori – domenica 18 febbraio 1912 - l’oratore
ufficiale dell’evento, il Maestro Elementare Arturo Sartori, pose in risalto
due figure: quella del Sindaco Piccioli, presentato come “…uomo dalla mente
alacre, dallo spirito moderno, dall’anima sensibile ad ogni dolore umano,
dal cuore d’oro e dalla fibra d’acciaio”( Piazza Garibaldi in Tuglie,
Gallipoli, Tip. Stefanelli, 1912; p.12).
L’altra figura fu quella dell’Avvocato Francesco Mosco, che “…non ebbe paura
davvero, come altri vostri concittadini, che il popolo s’istruisse ed
apprendesse, co’ suoi doveri anche i suoi diritti. Convinto anzi, che il
benessere morale e materiale dipende dalla maggiore o minore cultura sua,
non lasciò mezzo intentato per strappare, sussidi allo Stato e darvi scuole
diurne, serali e festive, che integrò con le istituzioni umanitarie del
Patronato Scolastico e del Ricreatorio popolare” (Ibidem, p.11).
A parte la retorica di circostanza forse anche un po’ adulatrice, è
veramente edificante rintracciare nella nostra storia cittadina figure di
filantropi, ed entrambi lo furono, che, cronologicamente lontanissimi dalle
epoche delle politiche sociali di massa dello Stato, capirono l’importanza
dell’istruzione del popolo. Altri amministratori successivi non furono così
attenti a tali tematiche, tanto che, seppur obbligati dallo Stato a
favorirne l’attuazione, la ostacolarono o ne ritardarono la realizzazione.
Al Piccioli amministratore, poi, va attribuita la richiesta della variante
della Linea Ferroviaria Salentina che permise il suo passaggio attraverso
Tuglie, con relativo Scalo. Mentre al Piccioli benefattore è da ascrivere,
cessata la Grande Guerra, una ragguardevole elargizione per l’erezione del
Monumento ai Caduti, solennizzato dalla statua fusa per mano dell’Artista
salentino Antonio Bortone. Non una statua anonima, ma un’altera figura
accademica muliebre che rappresenta Tuglie.
Oggi a ricordare questo cittadino insigne, non di nobili origini ma di
nobile animo, resta una strada che, costeggiando a sud-ovest la “sua”
ferrovia, si apre al piazzale della Stazione, intitolato ad Alberto Melica,
Ragioniere capo della Distilleria Piccioli, Caduto nella II Guerra Mondiale
sul fronte d’Albania.
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