Queste foto riprendono i funerali a Tuglie nel 1956 di Santo Martignano e di
Cosimo Merenda, tugliesi morti nella tragedia di Marcinelle. Simboli in eterno
della tragedia dell'emigrazione. Il tema dell’emigrazione, il distacco tremendo
dalla propria terra, dalle proprie origini, dalle radici più vere. Lasciare la
propria terra per lavoro, studio o altro è sempre stato un tema toccante. La
mattina del 8 agosto 1956 avveniva nel buio di una galleria di una miniera di
carbone un immane tragedia, un incendio causato dalla combustione d'olio ad alta
pressione innescata da una scintilla elettrica. L'incendio, sviluppatosi
inizialmente nel condotto d'entrata d'aria principale, riempì di fumo tutto
l'impianto sotterraneo, provocando la morte di 262 persone delle 275 presenti,
di cui 136 immigrati italiani,15 di loro salentini e tre del mio paese Tuglie,
il nome dei tre erano Santo Martignano, il più giovane tra tutti di solo 27
anni, insieme ai due compaesani Cosimo Merenda, 32 anni, e Salvatore Ventura, 36
anni. Un terribile prezzo da pagare per loro e le loro famiglie quello di
Marcinelle. Un dolore che si perpetua per chi è costretto a lasciare la propria
casa e gli affetti per andare a trovare fortuna altrove. Ma cosa rimane oggi del
distacco dell’emigrante? In questo caso non vi è solo il bisogno della memoria
per ricordare e rimanere legati alle proprie origini. Gli emigranti di oggi
hanno a disposizione, oltre a mezzi di trasporto più veloci ed economici, anche
nuovi strumenti per rimanere in contatto con la propria città natale ( social
network, mail, cellulare). E il più delle volte oggi non si emigra più con una
valigia di cartone. I venti di crisi che stanno soffiando sull’occidente,
rischiano di far tornare tutto indietro, una nuova ondata di emigrazione che
svuoterà di nuovo i nostri paesi dalla forza dei giovani e delle loro idee,
lasciando i nostri centri in mano a generazioni di anziani logori e vecchi che
trascinano la loro vita stancamente sul viale del tramonto.
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Tuglie...per raccontar paese...
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