Una passeggiata nelle campagne di Tuglie ( Le Mute Terre )
Sulla serra che domina Tuglie, accanto ad un luogo incantevole di villeggiatura
come Montegrappa, esiste una campagna, poco conosciuta e parcellizzata, tanto
che il luogo viene denominato Mute Terre ( Molte Terre ). Un mesetto fa, con il
mio amico di vecchia data Marco Mottura ed in compagnia del foto-reporter Prof.
Franco Mazzotta, ho fotografato e ripreso aspetti di una campagna oggi aulente e
riccamente coltivata, ma che i nostri avi hanno strappato ” alli cozzi ” in un
passato di fatica e poco remunerato. Oggi, grazie al lavoro continuo di
generazioni, possiamo godere di un panorama paesaggistico e naturale di
grandissimo effetto. Nella passeggiata, ho colto molti aspetti e storie che
sinteticamente voglio raccontarvi. Il nostro percorso è iniziato dandoci
appuntamento al Bar Aragona, qui subito mi assalgono i primi ricordi di un
infanzia mai cancellata. Ecco com’e ridotta la masseria Aragona oggi.
Nella
masseria Aragona, negli anni 70′ del secolo scorso vi era una stalla, dove da
bambino al tramonto andavo ad acquistare il latte vaccino appena munto, proprio
accanto ai resti della chiesa di S. Girolamo ormai in disuso, menzionata in
alcuni documenti del 1696, come chiesa fruibile per i fedeli della zona a nord
dell’abitato di Tuglie ( ricordiamo che la chiesa matrice di Tuglie nasce
qualche decennio dopo ). La chiesa si trova appunto in fondo alla Via Aragona.
L’antico luogo di culto era annesso alla masseria che porta lo stesso nome della
strada. Il vescovo di Gallipoli, mons. Perez de la Lastra, la visitò nel 1696. A
quel tempo la “masseria Aragona” apparteneva agli eredi di Giuseppe Coppola da
Gallipoli. Nel 1714, un altro vescovo, mons. Oreste Filomarini, visitò la
piccola chiesa che, nel frattempo, dai Coppola era passata a Giuseppe Antonio
Aragona. Nel documento di tale visita pastorale si parla dell’esistenza di un
dipinto (in pariete) raffigurante l’immagine di San Girolamo (multum antiqua).
Oggi, di tale dipinto, non si trova traccia e tutte le decorazioni, le
suppellettili e lo stesso altare sono andati distrutti. Il resto della masseria,
almeno la parte di fabbricato che ricordavo come stalla, oggi desolatamente,
conserva brandelli di muro e manca totalmente del soffitto. Il resto della
masseria versa in condizioni di totale abbandono. La parte centrale della
masseria rappresenta il classico schema più volte ribadito nel Salento, cioè
quello di torre di avvistamento fortificata, costruita probabilmente tra la fine
del XIV e gli inizi del XV secolo. Partiamo in macchina e ci avviamo verso un
edicola votiva, che funge da chiesetta rurale per il comprensorio di case e
villette nate attorno, ma passiamo senza fermarci da un altro luogo a me caro,
ricco di ricordi. La lunga striscia di terra, piena di cespugli odorosi di timo,
fichi d’india, olivi, mandorli ed ogni ben di dio, una casetta con due stanze ed
un bagno ed il magazzino per gli attrezzi, mi ricordano le tante belle stagioni
estive da giugno a settembre tra il 1984 ed il 1988 in cui son cresciuto come
padre e come uomo, giocando con mio figlio Matteo e dando una
mano a mia moglie
Luigina. Ma i ricordi me li tengo per me ed arriviamo finalmente alla chiesetta
dedicata alla Madonna di Pompei, meglio conosciuta come la chiesetta della Lucia Sacrapanza. Qui nel 1955, il pittore di Sannicola Giovanni Sances, dipinse
l’interno con vari santi ed al centro la titolare Madonna di Pompei. Alle spalle
alcuni furnieddhi, punteggiano la campagna bucolica, uno di essi all’interno,
conserva una data nella volta, 1866, queste costruzioni a secco, insieme ai
muretti ingentiliscono la campagna. Poi come d’incanto, appare un edicola votiva
dalla forma strana ed inconsueta, una struttura architettonica religiosa
cristiana di piccole dimensioni, che nasce da un culto popolare tramandato nei
secoli. Normalmente le edicole venivano costruite come ex voto per uno scampato
pericolo, dopo una carestia o una pestilenza, ma servivano anche, come strumento
di aggregazione della comunità cristiana, che presso di esso si univa in
preghiera. Accanto all’edicola, ecco apparire nella sua maestosità, la Masseria Camascìa, che da il nome alla località. La Masseria fortificata sorge nell’agro
di Sannicola, ma proprio al confine con il feudo di Tuglie. Nei paraggi sono
sopravvissute diverse masserie come questa, anche se il loro stato è molto
precario, tanto che qualcuna è già crollata. In particolare segnalo, la Masseria
Crumisi e la Masseria Camascia, che appartengono integralmente alla storia di
Tuglie. La masseria rappresentava il coraggioso tentativo di una vita lavorativa
che si svolgesse completamente al di fuori delle città, difese da mura poderose
le masserie, che sorgevano in zone inutilizzabili per l’agricoltura
tradizionale, sovrintendevano spesso alle colture del frumento, dell’avena e dei
legumi, ma l’attività principale era rappresentata
dall’allevamento di ovini,
caprini e bovini dai quali si ricavavano ottimi formaggi. La tipologia della
masseria fortificata era più o meno sempre la stessa: un corpo centrale (torre),
cui originariamente si accedeva con una scala a pioli, ritirabile in caso di
pericolo, caditoie a protezione delle poche aperture (porte e finestre), dalle
quali far cadere pietre o olio bollente, un muro di cinta dell’altezza di circa
2 m., costruito con pietre e terra impastata, che delimitava un pezzo di terra
non molto esteso chiamato li curti (dal latino cohors e greco chortos, recinto),
destinato soprattutto a custodire le greggi. La nostra prima parte del racconto
termina qui, non mancate di leggere il proseguimento del viaggio nella storia,
una storia minima, locale, ma sempre di storia si tratta.
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Tuglie...per raccontar paese...
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