Il
giovane Oronzo Provenzano, capostipite di una famiglia di gelatai e
pasticcieri, aveva lavorato per alcuni anni come aiutante a
Casalpusterlengo in un negozio che si trovava accanto ad una piccola
gelateria in cui il ragazzo, avido d'apprendere i segreti del mestiere,
trascorreva tutto il suo tempo libero. Qui nacque la sua passione per il
gelato, passione che l'accompagnò per tutta la vita e che trasmise ai
suoi sette figli. Nel 1917, dopo la disfatta di Caporetto, turbato dagli
avvenimenti di quei giorni, rientrò al suo paese e iniziò la sua
attività di commerciante, aprendo un negozio in via Roma. Nel 1918 si
sposò con Giuseppina Scarpa, e nel 1919 nacque il primo di nove figli
tutti maschi (di cui due morti in tenera età); nel 1920 riuscì a
preparare il suo primo gelato, servendosi di una "sorbettiera" di
fortuna realizzata con i rudimentali mezzi che poteva avere a
disposizione: una tinozza, ghiaccio e sale. Il risultato non dovette
essere disprezzabile se continuò a produrre gelato migliorandolo nel corso
degli anni, grazie anche al contributo del primogenito Giuseppe che
mostrava un intuito non comune nell'individuare quali aggiunte e quali
sostituzioni avrebbero potuto migliorare i già apprezzabili risultati.
Era un talento naturale ed una passione profonda che animava il padre
Oronzo e i figli maggiori, tanto che negli anni '30 si decise di
acquistare dalla ditta Carle & Montanari di Milano, una macchina per
produrre gelato. Fu un impulso notevole per la ditta Provenzano che già
aveva iniziato a farsi conoscere nella zona, gli affari andavano davvero
bene, ma Oronzo era preoccupato perché non aveva ancora pagato la
macchina e l'azienda non inviava richieste di denaro. Dopo alcuni mesi
decise di inviare comunque quanto dovuto, spiegando di aver atteso a
lungo un loro avviso per il pagamento. L'azienda rispose ringraziando
profondamente: il contratto era stato smarrito. In segno di
riconoscimento per tanta onestà gli inviò in omaggio un libro di
pasticceria della casa editrice Hoepli. La ditta Provenzano ampliò così
la sua produzione aprendo un piccolo laboratorio di pasticceria in via
S. Antonio. Fu in quel periodo che Giuseppe cominciò a coltivare l'idea
di aprire un bar in Piazza Garibaldi, un vero bar, nuovo e moderno.
Iniziò a pregare suo padre affinché convincesse don Silvio Santese ad
affittare loro il locale che si trovava sotto al palazzo che sorgeva in
piazza, che sembrava davvero il posto ideale per creare un bar. Nel
frattempo giunse la chiamata alle armi: Giuseppe partì il 4/4/1939,
soldato di leva con destinazione Rodi nell'Egeo. L'accordo con don
Silvio era stato definito e il bar era in via di realizzazione, infatti
fu aperto di lì a qualche mese.
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Mentre
Giuseppe era militare scoppiò la seconda guerra mondiale e fu trattenuto
alle armi, cosicché il padre decise di inviargli la foto del nuovo bar,
in cui erano ritratti anche il fratellino Silvio (il bimbo con il gelato
in mano) che non aveva mai visto,il fratello Amleto (il barista che
offre gelati agli avventori), lo stesso Oronzo, seduto al centro della
foto, e Ugo alle sue spalle.
Giuseppe custodì gelosamente la fotografia tanto che quando con
l'armistizio dell'8 settembre 1943 gli fu ordinato di arrendersi alle
truppe tedesche, sapendo che ogni oggetto personale gli sarebbe stato
confiscato, nascose la fotografia cucendola all'interno della fodera del
cappotto, riuscendo così a portarsela dietro, unico ricordo della sua
famiglia da Rodi fino al campo di concentramento di Lipsia dove rimase
prigioniero di guerra fino al 1945.
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A mio padre
Monica Provenzano |
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