Tuglie...per raccontar paese...
 
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Tuglie...per raccontar paese...
La creazione
Il Padreterno coltivava da tempo il sogno della creazione. Miliardi di anni a rimuginare su cosa fare senza aver definito un chiaro progetto. La noia di sintetizzare l’eternità in un concetto astratto complicatissimo, anche per lui che era un padreterno, lo logorava e spesso lo faceva crollare sotto al peso di crisi depressive che duravano milioni di anni. A volte era la rabbia a prendere il sopravvento ma non sapeva con chi prendersela, con chi sfogarsi. Non poteva neanche bestemmiare per ovvie ragioni.
Rompere qualcosa poteva essere una via d’uscita ma non aveva creato ancora nulla e il tutto si cortocircuitava su se stesso e nell’eterno concetto astratto di essere Dio di un universo del quale aveva un’idea estremamente approssimativa.
Un giorno si svegliò con la voglia di fare subito qualcosa che desse un senso e un significato alla sua esistenza. Pensò a una quantità assolutamente esagerata di materia da creare dal nulla, sapendo che la cosa non sarebbe stata più ripetibile poichè anche lui era tenuto al rispetto di alcune regole fondamentali compresa quella di non barare al gioco tirando dalla manica un asso di troppo.
Generò una quantità incalcolabile di materia senza senso. Una sorta di DAS primordiale dal quale dare vita alla creazione che ancora non aveva ben chiara. “Sono Dio”, pensava tra se, “non ho mica bisogno di una matita e un foglio di carta per disegnare la creazione”.
“Che faccio con tutta sta roba” borbottò ad alta voce guardando l’immensità di DAS primordiale appena creato stoccato in cumuli così enormi che neanche lui che era Dio riusciva a capire dove iniziassero e dove finissero.
“Cosa creo, cosa posso realizzare!” e lo sconforto cominciò ad impadronirsi ancora di lui…un’altra volta.
Affondò le sue grandi mani di Padreterno nell’informe materia appena generata e con impeto ne scagliò lontano, con tutta la forza che aveva in corpo, un’enorme quantità.
L’enorme palla di DAS lanciata con forza sovradivina d’incanto si scompose in miliardi di altre palle di DAS e ogni palla cominciò a roteare velocemente su se stessa e a generare vortici violenti e luminosi. La palla primordiale lanciata dal Padreterno furioso cominciò a scomporsi e ricomporsi in un carosello senza fine di luci e di colori come nei film di star trek.
Tutto iniziò ad essere così veloce. Il Padreterno era ammutolito e si sentiva al centro della creazione mentre lo spazio intorno a lui prendeva forma, si piegava, si allungava; le galassie schizzavano via sfiorandolo e scompigliando i suoi lunghi capelli, si accendevano punti luminosi nel cielo a casaccio, le stelle brillavano, i pianeti giravano vorticosamente e la terra rimbalzava sull’orbita come una pallina di pingpong schizzando acqua salata da tutte le parti.
Prese la terra tra il pollice e l’indice della mano destra imprimendole una forza esagerata che finì per schiacciarla e poi, stante la posizione che aveva assunto con la testa eternamente reclinata sul collo, la collocò inclinata su un’orbita fissa.
Il cielo che aveva creato non era proprio omogeneo e il Padreterno si accorse che c’erano regioni buie nel suo creato ma non aveva voglia di ridistribuire con ordine il materiale celeste che aveva sparpagliato nell’universo.
Rimediò alla meglio tentando un ritocco, come fanno gli imbianchini quando cercano di coprire con la vernice le macchie trascurate sul soffitto.
Appallottolò pezzi di DAS, che collocò sul pollicione e con l’indice, li proiettò nelle zone più scure del cielo. Un pezzo di qua, uno di là e presero forma l’orsa maggiore, poi quella minore e con l’ultimo pezzo lanciato verso nord finì il ritocco con la stella polare.
“Ehhh, la Madonna” esclamò il Padreterno meravigliato del suo stesso prodigio, è restò a lungo ad ammirare ciò che aveva appena creato singhiozzando per la commozione.
Con la prima fase della creazione aveva però dato fondo al materiale, proprio mentre cominciava ad accarezzare un’idea più compiuta di ciò che avrebbe potuto fare. Sottecchi guardava la materia rimasta e scuoteva la testa molto preoccupato.
Si mise comodo, incrociò le gambe e iniziò a tormentarsi la barba lunga che non tagliava ormai da milioni di anni.
“Cosa posso fare con questo po’ di materia che ancora mi resta”… e restò così a riflettere per molto tempo. Iniziò di nuovo a spazientirsi e ad armeggiare nervosamente con il DAS primordiale. Appallottolava parti di materia tra le dita, come fanno a volte alcuni automobilisti con le caccole del naso mentre attendono che scatti il verde del semaforo, le poneva tra il pollice e l’indice e, senza pensarci, se le scagliava dietro la schiena senza guardare.
Quando finalmente si girò si accorse di aver creato l’intero regno vegetale. Querce, pioppi, ulivi, gramigna e un’altra infinità di piante alle quali neanche lui riusciva a dare un nome.
“Azzz…” disse il Padreterno, “mi sono sempre sottovalutato ma creare è uno scherzetto da ragazzi anche se non ho ben capito ancora cosa.”.
Venne però assalito dallo sconforto nell’osservare che la materia a disposizione si era ulteriormente ridotta e che il gioco sarebbe ancora durato poco.
“Mannaggia la fretta” disse il Padreterno, “se avessi avuto un po’ di pazienza, se avessi avuto uno straccio di progetto prima di mettermi a scagliare materia a destra e manca, adesso non starei qui ad angosciarmi per le cose che non riuscirò più a creare con quel poco di materia che mi resta”.
Aveva creato delle cose a caso e c’era qualcosa che assolutamente mancava.Mancava qualcosa ma non sapeva dire.
Capì all’improvviso ciò che mancava.
“La vita…ecco cosa manca!”
“Devo creare qualcosa che si muova, che viva, che sappia riconoscermi, amarmi e rispettarmi e che con me sappia interloquire con educazione rispetto”, disse il Padreterno illuminato e felice come una Pasqua.
Decise di essere prudente questa volta e di usare la materia residua con parsimonia. Si sedette incrociò ancora le gambe lambendo con le ginocchia i confini dell’universo appena creato.
Prese pezzettini di materia, li appallottolò secondo la tecnica ormai consolidata delle caccole e li posò delicatamente ai sui piedi. Un lieve soffio e miliardi di esseri d’incanto presero vita.
Nacquero così le creature più strane che lasciarono il Padreterno sconcertato: pulci, zecche, scarafaggi, cimici, quelle verdi puzzolenti che ci rompono i coglioni in questo periodo dell’anno, mosche e persino miliardi di zanzare che appena ricevettero il soffio della vita incominciarono subito ad infastidire il loro stesso creatore.
“Ma che cazzo di bestie ho messo al mondo” disse ad alta voce il padreterno; ma ormai il danno era stato compiuto e indietro non poteva più tornare.
“Il Padreterno non sbaglia mai” e pensò che doveva, in qualche modo, rimediare e far passare tutto come necessario per giustificare l’equilibrio della creazione.
Si prese un giorno di vacanza gironzolando tra le cose che aveva generato e tra le zanzare che lo infastidivano prima di rimettersi al lavoro per creare un colpevole.
“Devo creare qualcosa di straordinario; qualcuno che sia a mia immagine e somiglianza al quale delegare il governo di tutte le cose che ho creato e per tenere a bada le zanzare e le cimici verdi”.
Cominciò a modellare una sagoma con particolare dedizione. Guardava la sua immagine che si specchiava nelle acque appena create, e cercava di replicarne le fattezze nella sagoma di DAS ancora senza vita.
Modellò la testa, le gambe e gli occhi senza trascurare barba e capelli. Poi gli piantò in mezzo alle gambe un organo di riproduzione al quale si preoccupò subito di dare il nome di “pene” anche a futura memoria dei danni che avrebbe provocato.
Finì a tarda ora ma esitava ad inizializzare l’opera con lo sputo. Risistemava la posizione delle orecchie che nella versione originaria erano collocate sulla pancia, spostò la posizione del viso precedentemente collocata al posto del sedere, accorciò la lunghezza del pene che risultava più lungo delle gambe e riguardò la sagoma inanimata per l’ultima volta.
Quando ormai stava per essere sopraffatto dal il sonno decise di sputare in faccia alla sagoma di DAS. Guardò il mucchietto di materia ancora inutilizzata e capì che non avrebbe potuto creare più granché dopo aver soffiato la vita nell’essere che giaceva ai suoi piedi.
La sagoma di fango si destò, appena lo sputo lo colpì al volto, e saltò in piedi guardandosi smarrito.
“Cosa è successo, chi sono, dove sono, che è tutta sta roba che mi circonda…e tu chi sei” domandò con voce alterata al suo creatore.
“Io sono Dio” disse il Padreterno, “Sono il creatore del cielo e della terra e sono il tuo creatore. Mi devi devozione e obbedienza. Se farai quello che ti dirò di fare sarai il padrone delle cose che ho creato. Dovrai adorarmi e dare la caccia alle cimici e alle zanzare”.
“Naaaaaa” disse l’uomo appena creato, “io voglio essere lasciato in pace e non ho nessuna voglia di amministrare alcunché”
“Adamo non fare lo stronzo” disse Dio con tono conciliante, “tu sei la mia creazione migliore, ti prego di non deludermi o ti smonto in un attimo tra atroci sofferenze”
“Ma io non ho voglia di occuparmi di queste cose e poi mi annoio a stare da solo” disse Adamo mentre e lo sguardo scivolava stupito e incantato sul “pene” penzolante.
“E con questo che faccio”, disse Adamo sconsolato
“Non devi toccarlo!” disse Dio alterato “Ti creo subito una compagna con la quale potrai condividere ogni cosa del creato e potrai usare quell’affare solo per procreare”.
“Siiiii, va bene ma la voglio subito e come dico io se no me lo tocco” disse Adamo con l’aria di un bimbo capriccioso.
Il Padreterno iniziò a dare forma al corpo della compagna di Adamo sotto lo sguardo attento di quest’ultimo.
Prese forma la testa, le gambe, il seno, le braccia. “Ti piace così?” disse il Padreterno.
“Un po’ di seno in più … e poi voglio qualche curva” e il Padreterno ricominciò a rimodellare la sagoma con divina e infinita pazienza.
“Così va meglio Adamo?”
“Sposta le orecchie e metti la testa al posto giusto” urlava Adamo
“Hai ragione, avevo sbagliato anche prima” e sistemò le cose come richiesto
“Più seno Padretè, più seno” urlava Adamo e il Padreterno paziente toglieva da una parte per aumentare il volume dall’altra.
“Ma hai eliminato un braccio…noooo la voglio intera, intera…Capisci??? La voglio intera”
“Senti Adamo, cominci a rompere i coglioni con i tuoi capricci. Non ho tutta la materia che mi serve per crearti una compagna come tu mi chiedi”.
"Invece di fare cimici e zanzare avresti potuto fare una tetta in più" disse Adamo scoppiò piagnucolando come un bambino. Il Padreterno pensò di distruggerlo all’istante poi un’idea divina illuminò la sua mente.
“Mannaggia la morte” disse, “come mai non mi è venuta prima”?
Fece cadere Adamo in un sonno profondo. Prelevò dal suo corpo un po’ del materiale che mancava per creare una donna ad opera d’arte.
Manipolò il corpo di Adamo alla ricerca di un pezzo da smontare e poi riutilizzare per la creazione della sua compagna.
Smontò il pene di Adamo ma poi pensò alle proteste della compagna che stava creando e lo rimise subito al suo posto. Alla fine decise di asportare solo una costola. Impastò ancora il tutto con la materia rimasta ammorbidendo il composto con la saliva e cercando di dare alla creatura la forma richiesta da Adamo.
Quando ebbe finito, soddisfatto del risultato risputò in faccia ad Adamo poi in faccia alla sua compagna, alla quale diede il nome di Eva, e le due creature si levarono in piedi istantaneamente.
“Così ti piace?” disse il Padreterno con le mani ancora sporche, guardando maliziosamente negli occhi il suo primo uomo.
“Azz…è meglio di Belen Rodriguez” disse Adamo con la bava alla bocca mentre si dirigeva grugnendo verso la sua compagna.
“Alt, Non penserete mica che ho creato un bordello” disse irritatissimo il Padreterno.
“Il mio universo è assoggettato alle mie regole ferree” e cominciò a snocciolare il rosario delle pene, delle malattie e delle privazioni riservate alle sue creature che amava tanto tra lo sconforto di Adamo e lo sguardo sarcastico di Eva che guardava il Padreterno con aria di sufficienza.
“…e questo si, e quello no, e da questo albero puoi cibarti e da quell’altro non si può. Hai creato gli organi sessuali ma devono essere usati come e quando dici tu … ehhh Padretè, se lo dicevi prima però…” disse Adamo sull’incazzato andante.
Eva , determinata a vivere secondo la propria volontà, si era allontanata annoiata e infastidita dall’alterco tra i due uomini.
Adamo fremeva per accoppiarsi immediatamente con la sua compagna ma il Padreterno la menava tra le istruzioni per l’uso e i consigli a non fidarsi di Eva che già gli stava antipatica.
Eva gironzolava ai piedi di una pianta sulla quale il Padreterno aveva posto il veto.
“Le vedete ste mele?... sono mie e se le toccate vi scaccio dal paradiso. Chiaro?” Così aveva urlato il Padreterno appena i due umani fecero il primo respiro.
Eva allungò la mano e colse due mele, una per se e l’altra per Adamo.
Il Padreterno andò su tutte le furie e scacciò i due dal paradiso con rimproveri e minacce che qui non si possono ripetere.
“Vivrete con dolore e sofferenza. Per mangiare dovrete lavorare anche da precari e tu Eva partorirai e parcheggerai con dolore… E adesso fuori dal mio paradiso. Capito?”
“Capito, capito…” borbottarono i due avviandosi lungo il vialone che portava fuori dal Paradiso sotto la minaccia armata di un arcangelo
“E adesso che ci penso” disse il Padreterno su tutte le furie, “creo subito la morte per voi e per i vostri discendenti”
I due si fermarono un attimo, si girarono insieme verso il Padreterno e all’unisono urlarono:
             “ahh si? … allora le zanzare e le cimici verdi te le ammazzi da solo”.

 
Giuseppe De Santis
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