C'era una lampada, sulla
scrivania di papà. È una di quelle usate dai disegnatori: su una
base circolare si innesta un sistema di trafilati d'alluminio, che a
sua volta regge una grossa "testa" in cui s'accende la luce. È una
lampada come tante, che se ne sta tranquilla nella sua banalità,
operosa e anonima. Con quella lampada papà disegnava e
leggeva,dipingeva e scriveva,e nonostante fosse la lampada del
“genio”,lei restava immobile e muta. Nell’arte di papà (e scelgo
appositamente di scrivere papà e chiamarlo papà,poiché per me non
era né Silvio,né Nocera, ma appunto padre)nell’arte di papà dunque
c’è una linea precaria e silenziosa che separa il Mondo di
Sopra(reale,concreto e fatto di oggetti) da quello di
Sotto(visionario,onirico,archetipico) .
Le sue tele,ci fanno pensare ai disegni un po’ infantili dei
bambini;l’ immediatezza cromatica e dei suoi segni ci riportano ai
momenti passati dell’infanzia di tutti noi e prima ancora alla
nostra storia viscerale e primitiva. Ci riportano alle figura
danzanti di Chagall, che attraverso un testamento artistico ,affida,
all’arte di papà. Chagall come mio padre, fu il maggiore di tanti
fratelli, come lui racconta nelle sue tele la sua infanzia tenera e
solitaria, come lui riempie di colore ogni sua opera per rielaborare
il dolore delle perdite della sua vita attraverso una strana forma
di cromoterapia. Già,perché ogni volta che i nostri occhi si fermano
su un “loro” quadro-senza farci caso e senza rendercene conto- non
possiamo fare a meno di sorridere, …eppure accade..eppure se ci
pensiamo su un attimo,ci rendiamo conto che è proprio
così!!!istintivamente prima che il pensiero giunga alla
consapevolezza sorrdiamo tutti davanti alle loro opere. Potere del
colore …
I migliori sono un po' matti, aveva detto ad Alice,suo padre. E
nella favola di Alice nel paese delle meraviglie, il cappellaio
matto è pieno di colore….il mondo di sotto è pieno di colori.Perché
è davvero così,i migliori sono un po’ matti!!!Hanno inscritto
nell’anima la genialità della diversità. Sanno riempire di colore un
mondo interno oscuro e spaventoso. Papà lo aveva capito. Papà aveva
osservato con meticolosa cura i quadri di Van Gogh, ne aveva
contemplato le pennellate piene e vibranti e affinando la tecnica,
aveva imparato ad usarle anche lui. Aveva scavato negli angoli
reconditi delle anime degli artisti che lui amava,aveva cercato il
senso pieno dell’arte di ognuno di loro, per trascenderli e giungere
alla sua tecnica e alla sua personale arte. Passato il confine,
lasciato alle spalle l'ovvio che ci attende nella vita adulta, papà
ha scoperto d'avere davanti a sé una inafferrabile terra di
non-senso. Niente è come ci si aspetta, Il Mondo di Sotto non è che,
quello di Sopra capovolto. L’arte di papà,ci giunge immediata,poiché
è studiata e contemplata. Non è frutto,dell’apparente semplicità che
riverbera, ma è studio complesso che giunge all’esemplificazione.
Così come Caravaggio,ci racconta la realtà immediata attraverso le
ombre e umbratili simboli che adopera, così papà giunge all’utilizzo
del colore vivo, caldo e pieno dopo anni di ricerca, lettura,
attenzione al dettaglio.
Gli incontri che lui fa negli anni dell’adolescenza, con vari
artisti italiani ed europei, gli permettono di addentrarsi nelle
tecniche più diverse, e di comprendere attraverso il lavoro delle
mani e dell’anima, di scegliere quella più appropriata al proprio
essere. Passa dalla manipolazione dell’argilla a scolpire il legno,
passa dal trattamento della cera, alla fusione del bronzo, studia
l’incisione,l’acquerello,i colori ad olio,la matita e i pastelli per
giungere agli acrilici e al tufo, usa gli strumenti per incidere con
la stessa maestria con cui usa i pennelli e le spatole. Così come
Picasso passa dal periodo rosa al blu e viceversa, papà affina la
tecnica e si addentra nel significato di ogni simbolo che usa.
Niente di ciò che vediamo e che riflette e riverbera dentro di noi,
della sua arte, è casuale o caotico, ma è frutto di solitarie e
dolorose contemplazioni, nel tempio della sua saggezza, la sua amata
campagna di Contrada Monaci. A tal proposito mi viene in mente una
frase che campeggiava su una vecchia fattoria, di un film americano
di qualche tempo fa: sul cartello d’entrata c’era questo annuncio:
”Via dalla pazza folla”….
E in contrada Monaci papà riusciva a riposare il cuore dal contatto
profondo con la “follia umana”che aveva scelto con tanto amore e
dedizione di “curare e accompagnare” per più di 30 anni…
Lì ritornava per quello che il Prof.Scorrano definisce il suo
viaggio di conoscenza che non ha bisogno di grandi spostamenti e
luogo pre-natale,pancia materna nella quale godersi la sua solitaria
felicità. Lì andava, come scrive Giuliana Coppola, con occhi di
sonno e passo di bimbo e nel quale ogni giorno si rintanava perché
come scrive lui stesso allo zio Maurizio”non ho scelto quel luogo,è
il luogo che ha scelto me”….Quel luogo…dimora delle cose che lui
amava e della sua civetta adorata..che scrive”nasce dalla mente di
sua madre e che dona splendore poiché vive nella tenebra dove inizia
la vita,partorendo la luce..”è il luogo della magia di papà…che
sapeva trovare il senso anche nell’ovvio…che sapeva guardare nel
cuore delle persone e portare su ogni quadro la luce e il colore di
ognuna di esse...
C’era una lampada sulla scrivania di papà…. È una lampada come
tante, che se ne sta tranquilla nella sua banalità, operosa e
anonima…la stessa che oggi mi ha permesso di scrivere a te e di
te……!!!!!!
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