IL FANTE, VERO PROTAGONISTA DELLA “SAGRA” DI VITTORIO LOCCHI
Vittorio Locchi, giovane poeta fiorentino, allo scoppio della prima guerra
mondiale senza indugi decise di parteciparvi e fu assegnato ai servizi
postali col grado di Tenente nella 12^ Divisione di Fanteria. Il 15 febbraio
1917, durante un viaggio di servizio a bordo del piroscafo Minas, scomparve
in mare, condividendo la sorte della sua santa Fanteria. Sullo stesso
piroscafo, diretto a Salonicco, era imbarcato un giovane soldato di leva
tugliese, Francesco De Lorenzis (classe 1897) del 31° Reggimento di
Fanteria, anch’egli destinato al fronte orientale, in Macedonia, con il
Corpo di Spedizione Italiano. Morirono insieme nel Mare Egeo, nei pressi di
Capo Matapan, accomunati da un tragico destino, in seguito all’affondamento
del piroscafo Minas per mano del nemico. I loro corpi risultarono dispersi,
inghiottiti dal mare tumultuoso di fiamme e di relitti, insieme ai corpi di
tanti altri giovani fanti italiani, francesi e serbi che perirono senza
lasciare tracce in quel tragico evento: un giovane italiano del nord e uno
del sud uniti dall’amor di Patria e pronti a sacrificare la propria vita per
portare pace e libertà ai popoli che combattevano in oriente.
Non sappiamo se il poema di Vittorio Locchi, La Sagra di Santa Gorizia,
scritto nel 1916, sia stato abbastanza letto nelle scuole e nelle caserme
italiane per celebrare l’epopea di un popolo che combatté valorosamente
nella prima guerra mondiale per completare l’Unità d’Italia.
Questo poema potrebbe rappresentare per i giovani e per i soldati un
richiamo paragonabile a quello del libro dei salmi per i credenti. Infatti
il sacrificio e la gloria non furono così fortemente evocati in nessun
monumento, e possiamo credere che il poeta vedesse per primo nel popolo
italiano l’eroe senza nome né volto che avrebbe portato l’Italia alla
Vittoria. In quegli anni di guerra cruenta (1915-1918), l’Italia ebbe fra i
suoi combattenti uno dei maggiori poeti di ogni tempo, che aveva già speso
la più bella parte della sua vita quando giunse l’ora dell’azione.
Vittorio Locchi fu “scoperto” dalla guerra, e il suo nome diventò
improvvisamente famoso con quelli delle Brigate di Fanteria che immortalò
nel suo canto.
Questo giovane fiorentino non è l’eroe che fa della guerra le proprie gesta,
anche quando la passione lo esalta, la sua è la voce del Fante, di cui
condividerà la sorte senza portarne le armi.
Fanti della Brigata Casale entrano a Gorizia
Mobilitato per un servizio da cui non poté ottenere la dispensa, aveva
chiesto di prestarlo nei posti più avanzati del fronte dove il pericolo era
sempre presente.
Egli aveva già cominciato a scrivere i suoi canti sui campi di battaglia
dove si riuniva con i compagni d’armi dei quali fu il maestro e il capo.
Il borgo dov’era nato nel 1889 non era lontano da Firenze, la città
dell’arte e della poesia, a cui egli si votò nonostante la necessità lo
costrinse a fare l’impiegato delle poste per provvedere alla madre nella
città di Venezia.
La guerra gli fece sentire che la poesia lo stava aspettando alla svolta
della storia che si era presentata all’Italia e, morendo prima che il suo
poema fosse dato alle stampe, ebbe paura che il silenzio fosse sceso per
sempre sul suo capo.
Era il 15 febbraio 1917, Vittorio Locchi poco prima aveva dovuto separarsi
dai reggimenti e dai soldati che erano diventati una cosa sola con la terra
sacra dell’Italia per avventurarsi in un viaggio di servizio da cui non
avrebbe fatto ritorno.
Egli sapeva che le rotte dei convogli non erano meno rischiose dei campi di
battaglia quando s’imbarcò a Taranto con le truppe del Corpo di Spedizione
Italiano destinato in Macedonia, ma certamente sentiva la nostalgia di
quelle remote sponde che dettero vita al mondo dell’antichità, dell’arte e
della civiltà greca.
In vista del porto di Salonicco, dov’era diretto, il piroscafo Minas fu
silurato da un sommergibile nemico e dalle stive piene di armi e munizioni,
fino ai ponti della nave carichi di soldati, risuonarono comandi concitati
ed inascoltate invocazioni d’aiuto. L’esplosione fu tremenda ed il fuoco
s’impadronì in pochi minuti dello sfortunato piroscafo. Non fu dato di
sapere se il giovane ufficiale fiorentino fu impedito di gettarsi in mare, o
se fu sommerso dal risucchio delle acque gelide dell’Egeo.
Vittorio Locchi scomparve tragicamente, ma l’Italia, dopo qualche tempo,
avrebbe ascoltato ugualmente la sua voce che sembrò venire di là dalla
morte; subito dopo sarebbe uscito il poema “La Sagra di Santa Gorizia”,
pubblicato da Ettore Cozzani nella collana “I Gioielli dell’Eroica”: poema
con trasparente allusione alle antiche laudi e alle sacre rappresentazioni.
E’ il giuramento fatto ai soldati morti in combattimento che il poeta aveva
veduto sui campi di battaglia fissare il cielo con gli occhi aperti tra le
pietraie del Carso, o tenere la terra nei pugni chiusi fra i cespugli delle
colline, caduti in avanti nell’impeto della corsa o voltati sul dorso a
guardarsi la ferita. Erano soldati che Vittorio Locchi aveva sentito cantare
sotto le tende e marciare lungo le strade, sul rovescio delle colline più
volte conquistate e perdute, da cui la città Santa, Gorizia, appariva così
vicina da poterla toccare e a volte così lontana da disperare di mettervi
piede.
Essi l’avevano finalmente espugnata, e il tuono dei cannoni non poteva
impedire di sentire le campane delle chiese suonare a festa, quando il poeta
entrò in Gorizia al seguito dei valorosi Fanti che sono passati alla storia
col nome delle loro gloriose Brigate : “… Pronta. Dodicesima Divisione di
bronzo, è l’ora!... Brigata Casale, Brigata Pavia, Undicesimo, Dodicesimo,
Ventisettesimo fanteria: attenti al segno!... Ancora tre minuti, due minuti,
uno. Alla baionetta! E tutte le baionette fioriscono sulle trincee. Tutta la
selva di punte ondeggia, si muove, si butta sul monte, travolge gli
Austriaci, rigettandoli scaraventandoli oltre le cime, a precipizio, dentro
l’Isonzo. Sei nostra! Sei nostra! Sembra gridare l’assalto...” .
La sorte volle che nel febbraio del 1917, sullo stesso piroscafo di Vittorio
Locchi, venisse imbarcato anche il giovane soldato di leva Francesco De
Lorenzis nato a Tuglie, provincia di Lecce, il 23 dicembre 1897. Era figlio
di Cosimo Damiano e di Giuseppa Mosca. Faceva il contadino ed aiutava i
genitori nei lavori di campagna. Francesco non sapeva leggere e scrivere,
era un bravo ragazzo e pensava di mettere su famiglia appena sarebbe stato
possibile.
Inaspettata, improvvisa e senza alcuna possibilità di evitarla, il 24 maggio
1915 scoppiò la guerra ed il 23 settembre 1916 il giovane Francesco fu
chiamato alle armi ed assegnato al 31° Reggimento di Fanteria, mobilitato
per essere inviato in territorio dichiarato in stato di guerra.
Le truppe di questo Reggimento furono destinate al fronte orientale, in
Macedonia. I giovani fanti del 31° Fanteria s’imbarcarono nel porto di
Taranto sul piroscafo Minas che li avrebbe trasportati con altri reparti
italiani, francesi e serbi a Salonicco per combattere il nemico in quelle
terre lontane e sconosciute.
Piroscafo Minas affondato nel 1917
Il Minas era una nave passeggeri costruita nel 1891 al cantiere Ansaldo di
Genova. Alloggiava 60 passeggeri di prima classe e 900 di terza. Scoppiata
la guerra, venne requisita dalla Regia Marina per essere adibita al
trasporto truppe.
Durante quel viaggio, da Taranto a Salonicco, il 15 febbraio 1917 il Minas
venne affondato nei pressi di Capo Mapatan, nel Mare Egeo, con due siluri
lanciati dal sommergibile tedesco U39 al comando del Cap. Walter Forstmann.
Nel naufragio perirono 870 persone.
Il Minas, oltre alle truppe, armi e munizioni, da notizie non confermate
ufficialmente, sembra che trasportasse 25 cassette di lingotti d’oro.
In quel tragico avvenimento, da testimonianze dei superstiti del naufragio,
risulta che Vittorio Locchi, nonostante avesse avuto la possibilità di
salvarsi perché abile nuotatore, preferì inabissarsi insieme ad altre
centinaia di fanti, affrontando il destino con determinazione e fermezza.
Un suo collega, il tenente Alessandro Casini, da un rottame a cui si era
aggrappato, vide Vittorio Locchi ritto a poppa della nave che scompariva.
Dopo una tremenda esplosione la nave si inabissò trascinando nel gorgo
marino, con tanti altri fanti, il migliore degli uomini!
Del giovane fante tugliese Francesco De Lorenzis non si ebbero notizie
precise. Anche lui fu ingoiato dal mare profondo dell’Egeo e venne
dichiarato disperso dal Ministero della Guerra il 7 febbraio 1918 in seguito
all’affondamento della nave trasporto truppe Minas.
Così volle il destino per due giovani militari, uno del nord e uno del sud,
che furono atrocemente strappati alla vita ed all’affetto dei loro cari per
la dura legge della guerra.
Vittorio Locchi, grande poeta, nato a Figline Valdarno (Firenze) l’8 marzo
del 1889, autore della famosa Sagra di Santa Gorizia, una delle più belle
opere poetiche del Novecento, scritta il 9 agosto 1916 per descrivere il
sacrificio, il valore e la morte dei Fanti italiani che conquistarono
Gorizia in nome dell’Unità d’Italia .
LUCIO
CAUSO
Pubblicato su “Il Titano” supplemento economico de “Il Galatino”
n.12 del 24 giugno 2011in occasione della 62^ Fiera Regionale di
Galatina.
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Tuglie...per raccontar paese...
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