Tuglie
ha dedicato nel passato, su proposta dell'assessore alla cultura del
tempo Luigi Scorrano, una strada al gallipolino Filippo Briganti e
non credo che siano molti i tugliesi a sapere che il celebre
economista si adoperò, nella metà del Settecento, a comporre, come
Giudice di Pace, una annosa lite scoppiata tra l'Amministrazione del
Casale di Tuglie e il suo feudatario.
Da più anni pendevano presso il Tribunale di Napoli alcuni litigi
tra l'Università e il Duca di Minervino Don Ferdinando Giuseppe
Venturi possessore del feudo baronale di Tuglie, con gravi danni
economici vista la distanza dalla capitale e la conseguente
dispendiosità nel tenere un procuratore legale che patrocinasse la
causa in Napoli. Motivi del contendere tra le parti erano i soliti
problemi feudali che sempre più le amministrazioni delle varie
comunità salentine contestavano ai feudatari.
In Tuglie già nel passato si erano create contrapposizioni fra
potere civico e potere feudale: affitto del feudo, accaparramento
del grano, spartifeudo, condotta medica, dazi vari.. ma nella prima
metà del Settecento si erano sommati contemporaneamente più attriti.
Innanzitutto il barone aveva aperto una bottega di carne ed altri
commestibili vari, pregiudicando l'economia della grassa della
bottega lorda(*) appannaggio dell'Università e che,
concessa in appalto, garantiva all'amministrazione una lauta risorsa
per le finanze civiche.
In secondo luogo il Duca si rifiutava di pagare la bonatenenza
sui suoi beni stabili burgensatici(2) da lui dichiarati
feudali, e quindi non tassabili, adducendo a pretesto l'aver
pagato il relevio alla morte del Duca Don Filippo Guarini
avvenuta nel 1740 e del quale era stato nominato legittimo erede.
Inoltre, un sentito motivo del contendere era lo jus prohibendi
sulla macinatura del grano. Era successo che negli anni tra il 1730
e il 1750 la popolazione del Casale di Tuglie era cresciuta in
maniera esponenziale, per cui i due molini esistenti, di proprietà
feudale, non bastavano a soddisfare le necessità della popolazione e
molti tugliesi avevano sentito l'obbligo di andare a macinare nei
paesi vicini, con la conseguente minaccia da parte del Duca di
punire i contravventori. Questo motivo, più degli altri due, aveva
esasperato i tugliesi e, come nei corsi e ricorsi storici
(ricordiamo che il problema grano-pane nel passato è stato causa di
episodi tragici, vedi Masaniello, l'assalto ai forni nei Promessi
Sposi) minacciava di causare disordini nel territorio.
La situazione sembrava senza vie di uscita, quando si pensò di
appellarsi ad un arbitraggio, chiamando in soccorso il valentissimo
gallipolino Filippo Briganti ritenuto di altissima statura morale e
di chiara fama. Egli, esaminate le scritture e ponderate le
ragioni di ambe le parti, presentò un piano di accordo che fu
ritenuto unanimemente valido.
Fu così che il 16 ottobre 1757 si convocò pubblico parlamento nell'Università
di Tuglie e si autorizzò il sindaco Vito Stamerra e il primo eletto
Vito Piscozzi a rappresentare l'Università davanti al notaio
Pasquale Pasca di Poggiardo rogante sulla piazza di Parabita, per un
accordo con il Barone.
I due rappresentanti della Civica Università, nello stesso giorno,
alla presenza dei testimoni Don Vito Antonio De Santis Arciprete di
Tuglie, dottor fisico Pasquale Marzano e Magn.co Domenico Turi
viri litterati, si presentarono dal notaio suddetto assistito
dal Giudice Regio ai contratti Felice Serino e, presente nondimeno
il Magnifico Signor Diego Sorge, speciale procuratore e
rappresentante del Duca, ci si accordò su quanto il piano del
Briganti prevedeva, previo il Regio Assenso:
1°) II Duca, entro un anno dal Regale Beneplacito, doveva costruire
un terzo molino per commodo dei suoi vassalli previo giusto
prezzo di molitura il più mediocre che si esige nei feudi
confinanti; beninteso che nei molini feudali i cittadini debbano
essere preferiti agli esteri; passato un anno dal Regio Assenso
e non essendosi ancora fatto costruire il nuovo molino, i cittadini
sarebbero stati liberi di macinare extra Pheudum.
2°) II possessore serrerà la sua bottega e cederà tutti li suoi
giussi, azioni e ragioni che per la suddetta bottega e scarnaggio
(3) potrebbe havere e che verrà a perdere più di venti ducati l’anno.
In cambio l'Università avrebbe rinunciato alla pretensione di
bonatenenza sui beni che il Duca pretendeva fossero feudali, salva
la bonatenenza sui beni già acclarati burgensatici.
3°) Siccome le due camere dove era situata la bottega del feudatario
sarebbero rimaste inutili e superflue, mentre servivano benissimo
all'Università, il Duca le avrebbe cedute ad annuo canone, anche
senza la rimessa, all'Università che avrebbe corrisposto
l'annua somma di carlini trenta senza alterazione o diminuzione
veruna con facoltà all'Università di serrare l'intervallo tra il
forno e la bottega; e se il Duca avesse voluto utilizzare le due
camere per ampliare il palazzo ducale, avrebbe assegnato altre due
camere all'Università poste nelle immediate vicinanze. Ultima
clausola prevedeva che fosse lecito alla servitù (famuli) del
Duca di poter entrare ed uscire da detta bottega per mettere ed
estrarre dalle Carceri ducali i carcerati, e visitarli, rimanendo
anche in facoltà di questa Università di avvalersi di dette Carceri
per affari concernenti al pubblico, senza pagare all'Erario Baronale
cosa veruna.
Di tutto ciò si sarebbero stipulate pubbliche scritture e si sarebbe
impetrato il Regale Beneplacito, senza il quale ovviamente non
poteva darsi luogo ad alcun contratto.
Una pagina di storia che ancora una volta ci testimonia del coraggio
di amministratori pronti a difendere gli interessi di una
collettività e di come un popolo, anche se del lontano e sperduto
sud, nel passato aveva capacità di fronteggiare i soprusi e le
ingiuste pretese di un potere sempre pronto ad approfittarsi dei più
deboli.
* L'Università, intesa nel
senso di Governo delle Cose Universali, che interessano la totalità
degli abitanti di una Terra, è l'Amministrazione Civica del passato.
(1) La bottega lorda vantava il dazio su alcuni beni commestibili
come olio, formaggi, carni, insaccati.. .e veniva data in appalto.
Di diritto feudale nel passato, era diventata poi diritto
dell'Università.
(2) I beni del feudatario si differenziavano in beni feudali
(facenti parte del feudo che era stato assegnato dal re e quindi non
tassabili) e beni burgensatici (fecenti parte della Terra, da borgo,
e perciò soggetti a tassazione sulla rendita).
(3) Scannaggio = diritto di macellazione.
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