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Tuglie...per raccontar paese...Piazza Garibaldi
La piazza, il cuore di un paese!
Ma è un cuore con una sua storia che vale la pena di conoscere.
Perciò vi facciamo leggere un opuscolo che racconta
come fu sistemata la Piazza di Tuglie.



La  vecchia piazza


Dopo circa due anni di lotta, questa Amministrazione Comunale ha ottenuto il Decreto Reale dì espropria forzata per pubblica Utilità, del frantoio Ria, sito in piazza Garibaldi.
La popolazione tugliese, che seguì con ansia le varie fasi della lotta aspra e feroce, apprese con senso di vivissimo compiacimento la notizia della vittoria riportata dal Comune, e volle per ciò festeggiare, con sentimento altamente civile, sia la data d'inaugurazione dei lavori, sia gli uomini egregi che al conseguimento di quest'opera di civiltà e di risanamento igienico, votarono tutte le loro energie.
A tal uopo, si costituì un apposito Comitato, per opera del quale, il giorno 18 febbraio, la cittadinanza venne allietata dalla banda musicale di Nardo, mentre per le vie del paese furono affisse migliaia e migliaia di striscie multicolori inneggianti al Sindaco Piccioli, all'Avv. Francesco Mosco, al Duca Venturi, e all'Amministrazione Comunale. Il Comitato stesso, pubblicò il manifesto seguente:

Festa di Popolo

Cittadini,
quella, che fu sempre una delle più civili nostre aspirazioni; l'opera, che ogni animo sereno, anche di fuori, giudicò tale, da farci rimproverare il solo torto di non averla fatta prima; quella, che dal più modesto Tugliese al Re d'Italia, dal nostro Consiglio Comunale al più alto Consesso dello Stato, fu dichiarata opera di pubblica utilità, è ormai un fatto compiuto, mercé l'infaticabile operosità, il nobile spirito di abnegazione e la ferrea tenacia del nostro Sindaco Piccioli.
L'impresa, estenuante, di per sé stessa, per l'infinito pellegrinaggio burocratico della pratica, resero più ardui gli ostacoli frapposti dagli interessati, che forti di mezzi e di audacia l'avevano,per questo, proclamata Utopia. E il nostro Sindaco Piccioli, votato al sacrificio, cui induce la coscienza del bene, animato dalla costanza, che infondono le opere civili, acceso dall'entusiasmo, che suscita ciò che è bello senza ire e senza paura senza sconforti e senza impazienze diritto, sorridente e leale sempre dovette aver ragione ad ogni passo di un' insidia, ogni giorno di una sorpresa.
Questa simpatica figura di combattente, però, nella benevolenza vostra, o Concittadini, trovò compenso al sacrificio di tanta energia; nella coscienza della bontà della causa, conforto, contro le infortunate accuse degli avversari.
Al suo paese che non ha la fortuna di altri pubblici ritrovi, egli, non solo, ha dato una piazza degna di questo nome; ma vi ha finalmente cancellato la secolare indecenza di un trappeto a grotta, ch'è quanto di più esiziale ed antiestetico sopravviva e contrasti la marcia incessante del progresso dell' industria e della civiltà.
Esultiamo, dunque, Concittadini, e facciamo onore al Sindaco Piccioli, non tanto per quel che ci ha dato di buono, quanto per quel che di brutto ci ha tolto.

Tuglie, 18 Febbraio 1912


ll Comitato: Francesco Romano, Raffaele Stamerra di Cesario, Salvatore Saccomanno, Pietro Stamerra, Tommaso Stamerra, Oronzo Tarantino, Pasquale Imperiale, Saverio Vaglio, Pietro Imperiale, Leonardo Tarantino, Vito Rizzo, Vincenzo Stamerra di Raffaele, Cesario Saccomanno, Serafino Santese, Salvatore Merenda, Zaccaria Schirinzi, Giuseppe Tarantino, Giuseppe Carlucci, Saverio Piscopo, Erminio Imperiale, Leopoldo Calò, Carmine Sponsiello.




Alle 10 antimeridiane, il Consiglio Comunale con bandiera, preceduto dalla musica e seguito da una immensa calca di popolo acclamante, mosse dal Municipio e si recò in piazza Garibaldi dove, sul frantoio Ria, addobbato con bandiere, il Sindaco Piccioli pronunciò le seguenti parole:

Cittadini,
io non vi faccio un discorso, come l' occasione richiederebbe. Vi dico poche parole alla buona, così, come le so dire io. L' importanza di questa opera, imposta da esigenze d' igiene, di decenza e di civiltà, è stata ingrandita ai vostri occhi dalla temuta strapotenza degli oppositori. E' la storia del frutto proibito: più si pena per raccoglierlo, e più saporito diventa.
Il vostro grido di gioia, il senso di soddisfazione, che si legge sul vostro volto, la vostra festa io comprendo e approvo; ma, circa le vostre acclamazioni, debbo fare una riserva.
Il caso ha voluto designare la mia povera persona, per il conseguimento di questa opera, che pareva un sogno, io ho fatto quello che ogni altro, al mio posto, avrebbe fatto;
( A questo punto l'Assessore, Sig. Francesco Romano, interrompe vivacemente, protestando, che a lui (il Sindaco) a lui soltanto è dovuto tutto il merito dell'opera.)
ma non sarei riuscito a nulla, senza il vostro valido appoggio, senza la concorde cooperazione dell'Amministrazione Comunale. Non viva Piccioli, dunque, ma viva la popolazione di Tuglie; viva l' Amministrazione Comunale! E questo grido insegni ai prepotenti, che quando il popolo vuole, e ciò che vuole e giusto, non c'è forza umana, che possa resistergli.
Tutto quello che si è ottenuto, oggi, per forza, si sarebbe potuto ottenere, bonariamente, ieri, quando io, anche per secondare la mia naturale inclinazione per la pace, feci agli interessati proposte, che pure importavano un sacrifizio personale. Forzando di ben poco il limite di quel sacrifizio, essi avrebbero potuto ritenere allora — come li ritengono, oggi, discapitando, — soddisfatti i loro interessi; e si sarebbero evitate d'ambo le parti le agitazioni, i fastidi e le asprezze della lotta.
Non vollero; e noi abbiamo loro dimostrato, che, primi, nel campo della pace, non siamo ultimi in quello della battaglia. Ed ora, cittadini, dimostrate loro un'altra virtù: dimostrate loro che sapete anche contenere il vostro entusiasmo nei limiti della prudenza e della civiltà, e gridate con me:
Viva la popolazione di Tuglie ! Abbasso nessuno !
Dopo le parole del Sindaco, freneticamente applaudite, l'insegnante Sig. Arturo Sartori, invitato dal Comitato, pronunciò il discorso seguente:



Cittadini,
Se è vero che l'opera dell' insegnante è opera di civiltà e di luce, entro e fuori la scuola, non dovete meravigliarvi, ch'io parli oggi a voi, dinanzi a questo mausoleo di vergogna e di sozzura, che la pertinacia unica e l'indomita volontà di Ambrogio Piccioli, fanno cadere sotto i colpi del piccone !
Né deve meravigliarvi questa unanime festa di cuori : perché se è opera di gente civile anelare al bello e al buono, sotto qualsiasi forma, è opera educatrice e civile, che il popolo festeggi le sue Vittorie !
Festeggiamenti modesti, tranquilli, quali voi siete, ma che tuttavia suonino ammonimento e attestino che è vano il voler soffocare la volontà del popolo: essa è destinata al trionfo!
E trionfo è il vostro, o Cittadini, che cori questo frantoio che si dirupa, cade anche per sempre l'occulto e temuto potere di una pallida divinità che, pur non sentendo alcuno dei vostri palpiti, vi tenne soggiogati per lunghissimo tempo, sogghignando di ogni vostra legittima aspirazione, e conculcando ogni vostro sacrosanto diritto!
Ma, in un giorno radioso, voi sentiste, o cittadini, tutto il peso della vostra schiavitù morale; e, belli come eroi da leggenda, guidati da Francesco Mosco, correste alla vittoria, gridando l'amara rampogna, che tante volte vi si ricacciò in gola : O falsi amici del popolo, o iconoclasti di ogni opera buona, o signorotti da medio evo, fate largo: è il popolo che passa e che afferma i suoi diritti ! !
Da quel giorno, sacro ai vostri ricordi, voi poteste avere, o Tugliesi, una libera voce ed una libera volontà, e da quel giorno s'iniziò il vostro cammino sulla via del progresso materiale e morale.
Ma il dirvi ne' suoi particolari, tutta l'opera dell' Amministrazione popolare, che sceglieste a governarvi, non è compito mio; né, del resto, lo crederei utile.
A me, modesto educatore, piace di dirvi solamente, che questa importante opera, Ambrogio Piccioli, non sarebbe riuscito a darci, se voi non aveste avuta una coscienza civile.
Coscienza civile, che voi dovete a Francesco Mosco : Egli non ebbe paura davvero, come altri vostri concittadini, che il popolo s'istruisse ed apprendesse, co' suoi doveri, anche i suoi diritti. Convinto anzi, che il benessere morale e materiale d'un popolo dipende dalla maggiore o minore coltura sua, non lasciò mezzo intentato per strappare, sussidi allo Stato e darvi scuole diurne, serali e festive, che integrò con le istituzioni umanitarie del Patronato Scolastico e del Ricreatorio popolare.
Far si che anche nelle vostre menti, estenuate dal gravoso lavoro, passasse il soffio vivificatore dell' istruzione, far si che le vostre anime rudi s'ingentilissero e non rimanessero tetragone ad ogni sentimento di bontà e di bellezza; questa fu opera di Francesco Mosco. E vi diede la scuola, la scuola, o cittadini, la quale, che che ne dicano qualche ignorante e qualche scettico da strapazzo, è il crogiuolo, ove si formano e si purificano le anime dei vostri figli, l'unico santuario, in cui si accomunano l'ideale del ricco e del povero, del nobile e del plebeo; il luogo augusto, ove per la prima volta udiste parlare di doveri e di diritti; la fucina ove scaldarono i loro cuori gli eroi di Curtatone e Montanara e di Tripoli italiana !
Fu per questa vostra coscienza civile, e per l'esatto intuito che aveste nel giudicare il valore degli uomini, che il giorno in cui Francesco Mosco, pur rimanendo parte vitale dell'Amministrazione Comunale, non credette più di assumerne la diretta responsabilità, ad un uomo si volsero i pensieri e le speranze di tutti. Ad un lavoratore, che, essendo vissuto tra il popolo di esso conosce intimamente i bisogni e le aspirazioni, ad un uomo dalla mente alacre, dallo spirito moderno, dall' anima sensibile ad ogni dolore umano, dal cuore d' oro e dalla fibra d'acciaio: ad Ambrogio Piccioli.
Ma la vita, signori miei, molte volte riserva delle sorprese.
L' uomo modesto, che è il Piccioli, e che, secondo il pensiero di qualcuno, non avrebbe dovuto fare altro che pavoneggiarsi sul seggio sindacale, e far felice la gente, firmando atti di matrimonio; il Piccioli, pensò di regalarci un'opera di lusso.
Sicuro, cittadini ! Perchè il dare a dei miseri mortali il modo di scambiar quattro chiacchiere, senza il pericolo di rompersi la nuca del collo; il togliere dal centro di una piazza il segno vergognoso del lavoro bestiale, cui l'uomo è condannato ancora; il distruggere un fomite perenne d'infezione, per certi signori è.... opera di lusso !
Ma, questo curioso di Sindaco nostro, avesse avuto almeno il buon senso di pagare il giusto! Niente affatto; si trincera, come un bersagliere dietro il paravento di una perizia, e vi dice : dal prezzo modesto che voi chiedete, io tolgo solamente sedicimila franchi !
Né vale, a far cambiare idea a questo testardo di Sindaco, la considerazione delle spese ingenti, sopportate per porre al Mausoleo (incrollabile) una porta nuova, ed un pezzo di capitello, stile-Liberty, che, alcuni monelli intelligenti con sentimento pietoso, hanno distrutto! Non vale.
« Ah così è, cosi tu, avaraccio d'un Sindaco moderno, vuoi fare le opere di lusso, guardando i denari del Comune, come e più che se fossero tuoi ? »
Ebbene ti faremo noi vedere !
E mentre da un lato il nostro illustre Duca Venturi, pur non avendo velleità di potere e di popolarità, ma essendo veramente nobile di animo più che di casato, offre spontaneamente e gratuitamente il frantoio di sua proprietà a beneficio del suo paesetto; dall'altro lato, la pattuglia turca, appoggiata dai salemelecchi di qualche beduino, muove all'assalto continuo, incessante, feroce. E son ricorsi, e sono atti notori e son bugie che si dicono e tradimenti che si compiono!
E assistiamo, cittadini, a questo spettacolo di mala fede e di miseria morale: che una modestissima camera diventa d'incanto un palagio, cui si ostruisce l'entrata con la sistemazione della piazza; che la chiesa cade anche se non la si tocca; che gente, la quale chiama opera di lusso un' opera di risanamento igienico, nel centro della piazza, crede più urgente la sistemazione di vie lontane dal centro del paese; che gente, per la quale civiltà è sinonimo di sudiciume, vi parla di macello pubblico; che gente infine, che non ha neanche scaldato i banchi della scuola, le cui aule ha sempre tenuto per ricovero di musicanti, vi parla di edificio scolastico!!
Ma, Ambrogio Piccioli, cittadini, non si turba e tanto meno si sgomenta; le opposizioni e le insidie, anzi, cui è fatta segno l'opera sua civile, gli aguzzano il cervello e gli centuplicano la pertinacia. E scrive, e risponde e ribatte le accuse, e corre negli uffici provinciali, al Ministero, al Consiglio di Stato; calmo, sereno, sorridente ad ogni dolore e ad ogni sacrifizio, con la coscienza di compiere una missione civile, e pago solamente del consentimento e dell' appoggio morale di tutti i suoi concittadini !
Ed Ambrogio Piccioli vince, vince, cittadini, nel nome vostro e della civiltà, e la sua vittoria è troppo bella, perché non sembri il sogno d'un grande ingenuo; la sua vittoria, che i pavidi adoratori del denaro, credettero inconseguibile; e che un Divo sfatato chiamò utopia !
Ma, se Ambrogio Piccioli, da amministratore illuminato e veramente moderno, dà tutta l'anima sua alla sistemazione di questa piazza; non trascura per questo le altre opere, che la civiltà e la marcia incessante del progresso impongono.
L' attività mirabile di quest'uomo darà presto a Voi una bellissima strada di accesso alla stazione, e l'opera monumentale di un edificio scolastico, per il quale è stata già fatta la domanda del prestito.
Ma un solo fatto basterebbe da solo, cittadini, perché il nome di Ambrogio Piccioli si scrivesse a carattere d' oro negli annali di questo paesetto.
Voi ricorderete, che, se si fosse data esecuzione al primo progetto delle ferrovie Salentine, la nostra stazione si sarebbe trovata a parecchi chilometri distante dal paese, e ad una altezza tale che inutile sarebbe stata l'averla.
Ebbene, quest'uomo, da semplice cittadino, non avendo alcun dovere da compiere , insorge in nome del buon senso e dei diritti di questa cittadinanza, si batte da solo, sostiene una campagna memoranda per la stampa, ed ottiene un nuovo progetto che, attuato com'è, risponde pienamente alle esigenze del nostro commercio. Si, cittadini, si deve alla tenacia e allo spirito di sacrifizio di questa simpatica figura di uomo, se il fischio della vaporiera civile, sventrando i nostri colli, viene a noi, fra noi, da tutti amata e lungamente attesa, a portare un alito di vita nuova !
Ma, mi sia concessa una sola domanda, cittadini: è mai possibile che l'opera di Ambrogio Piccioli possa aver trovato oppositori? E' mai possibile che la cecità umana arrivi sino al punto da scambiare il bianco col nero?
No, cittadini, la verità indiscutibile, è che a qualcuno brucia il cuore, che al nome modesto di questo lavoratore siano legate le opere più importanti e civili di questo paesetto.
Ma tu, Ambrogio Piccioli, sorridi ed elevati ancora e sempre nell' affetto de' tuoi concittadini;
Sorridi e prosegui nell' opera di civile apostolato, che ti sei imposta !
Ricordati, che se fu grande l'opera di coloro che ci dettero una patria e ci riscattarono dai nemici di fuori, non è meno grande l'opera di quelli che ce la rendono bella e ci riscattano dai nemici di dentro !
Sorridi e ricorda, tu lavoratore, che è nobile solamente chi si eleva con la bontà e con le opere, dalle miserie umane, in un campo ideale di luce !
Sorridi, che io sento e posso renderti oggi l'aureo saluto di Edmondo Rostand :
A te, benemerito, io porgo la chiave di tutti i cuori, sul cuscin del mio cuore !
Cittadini, faccio come colui che piange e dice; ma che volete ?
Anch' io, che sono un forestiere, anch' io ormai mi sento legato da indissolubile affetto a questa terra, ove amai, ove piansi, e dove, forse, non indegnamente da sei anni insegno, perdendo le liete illusioni della giovinezza !
A Voi cittadini, Arturo Sartori, non ha più nulla da dire; l'educatore, però, ripensando ai tempi che furono, non può a meno dal ricordarvi che l'obbliare i torti è indice di animi generosi e civili. Dimenticate, cittadini, e domani, quando tornerete ad irrorare co' vostri sudori le zolle di questa conca d'oro, su cui sorride eterna tanta luce opalina di ciclo e tanto splendore di sole; domani, non l'amara rampogna d'un tempo vi salga dal cuore alle labbra, ma: il canto dell'amore di un poeta civile :

« Salute, o genti umane affaticate !
« Tutto trapassa, e nulla può morir,
« Noi troppo odiammo e soffrimmo. Amate,
« II mondo è bello e santo è l'avvenir. »




L' Egregio Avv. Signor Francesco Mosco, Assessore Comunale, violentato dalle insistenti richieste del popolo, dovette, anche lui, dir poche parole che, su per giù, furono le seguenti:
Signori,
Che volete, che vi dica io, dopo quanto il Sindaco Piccioli, e l'amico Sartori vi hanno detto? Io dovrei, anzi, togliere dalla bocca di quest'ultimo tutte le parole lusinghiere, che riguardano la mia persona, perché non merita nulla, chi altrettanto ha fatto.
Che cosa, dunque, avviene oggi? Una immissione in possesso. Sicché diventa vostra una qualche cosa che prima era di altri. Se ci fermiamo al valore assoluto della cosa, io non so, veramente, chi dei due ci abbia guadagnato. Già, signori, perché v'hanno delle cose ch'è meglio perdere che trovare! Ma voi avete acquistato per poter demolire; e, sotto questo aspetto la cosa acquistata ha un valore, che sorge dal vostro entusiasmo, piucchè dalle perizie, perché è un valore civile.
Ed ecco che, nolente, faccio anch' io delle parole, proprio quando meno di esse c'è bisogno, anche perché parlano i fatti.
La vostra festa qui, mi ricorda il « Qui - dove il rogo arse - » del Bovio, ed io non debbo diluire il concetto, come non intendo limitare la vostra esultanza.
Vi rammento però che, per festeggiare degnamente quest'opera di civiltà, occorre in voi la calma, la compostezza e il rispetto per tutti, specialmente per coloro, che non mostrarono troppo di volerla.
Ad essi sia monito severo il vostro frenetico «Evviva il Duca Venturi » che, donando, espresse nella forma più nobile la sua volontà: « Viva il Duca Venturi ! »



Finiti i discorsi, durante i quali furono esplosi numerosi razzi, un operaio dette il primo colpo di piccone al frantoio da demolirsi.
Il Consiglio Comunale quindi, cedendo alle insistenti preghiere della popolazione, percorse le vie del paese fra le continue e incessanti acclamazioni al Sindaco Piccioli, all'avv. Mosco, al Duca Venturi, all'amministrazione Comunale.
Il vespro furono innalzati artistici areostati, e la musica suonò sceltissimi spartiti sulla cassa armonica, appositamente eretta sul frantoio da demolirsi.
Ebbe così termine la festa, che la laboriosa e civile cittadinanza di Tuglie, volle fosse fatta all' uomo benemerito, alla cui pertinacia, unica più che rara, si deve il compimento dell'opera che fu costante e viva aspirazione del popolo.

 

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