Silenzio e tristezza per le strade di Tuglie. La si avverte tra la
gente, la si percepisce negli atteggiamenti dei passanti: sembra
quasi che tutta la comunità, soprattutto quella religiosa, si vesta
a lutto. Si intuisce che non è un venerdì come tutti gli altri,
gioioso e allegro per il colorato ed affollato mercato settimanale.
Questo venerdì per Tuglie è quello del dolore e del ricordo: è
Venerdì Santo, giorno in cui Cristo muore in croce.
Sicuramente è per questo motivo che la popolazione tugliese si
comporta in maniera dimessa, per farsi quasi emblematicamente carico
della sofferenza che ha portato Cristo alla morte. Questa pietà e
questo senso devozionale lo si riversa negli antichissimi riti sacri
del Venerdì Santo, che qui a Tuglie sono struggenti, carichi di
fascino e fanno giungere decine di persone anche dai paese
limitrofi. Gesti antichi che si ripetono da secoli con lo stesso
spirito di devozione, simboli, suoni e rituali che sembrano esistere
dall’inizio dei tempi, non conoscere fine e che si tramandano da
padre in figlio. I luoghi centrali di questa lunga giornata, sono la
Chiesa dell’Annunziata e quella di San Giuseppe, distanti l’una
dall’altra pochi metri, ma con tradizioni differenti che coesistono
parallelamente da secoli.
Le celebrazioni cominciano alle 18 presso la Chiesa dell’Annunziata
con la celebrazione della Passione di Cristo, dell’Adorazione e del
Bacio della Croce. Segue la funzione de “La Desolata”: Padre Roberto
Francavilla, rievoca dall’antico pulpito, con gesti e parole, la
passione di Cristo. Si sofferma soprattutto sulla figura di Maria,
Madre di Cristo, che rappresenta, in gran parte, tutte quelle madri
che per varie ragioni hanno perso un figlio.
A rendere ancora più intensa questa funzione sono i canti carichi di
pathos del coro polifonico parrocchiale, diretto da Don Emanuele
Pasanisi. Motivo centrale di questa celebrazione è l’ingresso in
chiesa della Madonna Addolorata, scortata da decine di uomini
vestiti elegantemente.
Prima del suo ingresso in chiesa, è tradizione bussare, con tre
tocchi, sul grande portone che si apre solamente quando il
predicatore, con voce alta e piena di pathos, griderà “Maria, viene
e prendi tuo Figlio”. Un suono struggente di tromba accompagna la
Madre nel suo breve e lento cammino, lungo il corridoio della navata
centrale per abbracciare suo Figlio che giace sull’altare. Un
piccolo crocefisso, come segno di ricongiungimento, viene appoggiato
dal pulpito da Padre Roberto Francavilla, tra le braccia aperte di
Maria. Dopo il suo ingresso, un silenzio cala in chiesa ed in tutta
la piazza: è come se si fermasse tutto. I negozi chiudono e si parla
in maniera dimessa: manca poco per l’uscita della grande Processione
dei Misteri. E’ il clou dei riti della Settimana Santa tugliese, il
rumorio della gente che si accalca curiosa sul sagrato della chiesa
si smorza, poi si spegne del tutto quando il suono della “trenula”
invita al raccoglimento e la banda inizia a eseguire struggenti
canti funebri. Ed ecco che tra due ali di folla che assiste in
silenzio, si forma il lungo corteo: alle “trenule”, seguono il
tamburo e la tromba, che con il loro suono sembrano quasi scandire
questo lungo e doloroso percorso. Apre la grande Croce dei Misteri,
circondata e seguita da una fila infinita di donne che in abiti
scuri sorreggono una grande fiaccola accesa. Seguono le antiche
statue di “Cristo all’orto”, “Ecce Homo”, “Gesù in croce”, “Il
Calvario, con Gesù, Maria e Giovanni”. Spetta agli uomini vestiti
elegantemente in abiti scuri e guanti bianchi a portare il feretro
costellato di fiori del Cristo Morto, scortato dalle più alte
autorità civili e militari e, seguito, dal concerto bandistico che
intona motivi musicali funebri e struggenti, che rappresentano la
Passione di Cristo, Ora per Ora. Chiude il corteo, la statua della
Madonna Addolorata, che segue lenta e silenziosa l’ultimo viaggio di
suo Figlio che percorre tutte le vie della città accolto da lucerne,
lumini e grandi fiaccole, quasi a far da scenografia a quest’antico
rito.
La processione dura più di due ore e quando finisce un’altra sta per
uscirne: è quella della Confraternita della Buona Morte che come
tradizione vuole varca la soglia a mezzanotte inoltrata. Questa
processione è quella che ancor di più, fa percepire il dolore di
questa lunga giornata. Si percorrono tutte le viuzze del centro
storico, le più piccole, le più strette.
Ad aprire il corteo è il tamburo e la tromba, poi ci sono loro, gli
“incappucciati” che con una fiaccola in mano percorrono
silenziosamente e lentamente, passo dopo passo, il percorso di
Cristo Morto e dell’Addolorata. Al rientro, una benedizione ed una
breve omelia, conclude questo rito struggente e ci rimanda al giorno
dopo, sabato di silenzio e di rispetto perché Cristo riposa nel
sepolcro, in attesa della sua Resurrezione.
(articolo di Gianpiero Pisanello
tratto da quiSalento – marzo 2008) |
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