Entrando,
nella mia infanzia, in casa di mio nonno paterno - ormai vedovo da anni,
viveva solo - mi mettevo davanti al comò e rimanevo ad osservare in estatica
contemplazione una statuetta dell'Addolorata in cartapesta dei primissimi
del Novecento sotto campana di vetro, facente parte della dote matrimoniale
della povera nonna Virginia. Per non dire, poi, di quando, più raramente,
andavo a trovare, nella stessa corte dei Pagliara, zia Leonilde - in effetti
prozia, perché zia di mio padre - lì era il paradiso: in ogni stanza, sul
comò o sulla "cascia" o su qualche altro mobile, lei conservava un trittico
di campane, una più bella dell'altra, in tutto ne aveva forse una dozzina;
un vero incanto, me ne donò una, una Madonna del Carmelo, per la verità un
po' malandata.
Ed ora, per non smentirmi, madonnaro per congenita vocazione - forse
ereditata da antichi antenati arcipreti e vari pittasanti - mi ritrovo
anch'io "collezionista" di madonne sotto campana; forse qualche giorno mia
moglie si rivolgerà ad un avvocato per sfrattare me o le mie campane, o
insieme…
Scherzi a parte, un po' di storia di questi antichi oggetti d'arte povera e
di devozione: comparvero, nell'Italia Meridionale, nella prima metà del
'700, durante il regno di Carlo III di Borbone. Diffusasi originariamente a
Napoli, durante la esaltante stagione del presepe napoletano, tale
tradizione presto si estese anche a Lecce, la seconda capitale culturale e
artistica del Regno, trovando qui un felice connubio con l'arte della
cartapesta.
Le statuine napoletane erano costituite da manichini vestiti con stoffe
provenienti dal setificio reale di San Leucio, presso la reggia di Caserta.
A Lecce, invece, si usarono solo statuine in cartapesta; mentre anche le
nostre suore di clausura continuarono a confezionare gli abiti in stoffa.
La tradizione leccese, iniziata nella prima metà dell'800, ebbe il momento
di massima diffusione tra gli ultimi decenni di quel secolo e il 1920; in
tutti i laboratori dei maggiori cartapestai del capoluogo - ma anche presso
qualche artigiano di altri paesi della provincia, c'era un gruppo di allievi
che modellavano esclusivamente statuine per le campane, le quali
costituivano un elemento importante della "tota" della sposa insieme alla
biancheria e ai mobili della camera da letto; il Santo o la Madonna
conservata sotto la campana era il nume tutelare della casa e della
famiglia.
A Tuglie, tuttora, si stima conservato un patrimonio superstite, con o senza
vetro, di circa trecento esemplari, così, all'incirca, ripartito: Madonna
del Carmine 50% - Madonna Immacolata 15% - Madonna Addolorata 10% - San
Giuseppe 5% - Sant'Antonio 5% - Bambinelli di cera 3% - Sacro Cuore di Gesù
2% - Altri Santi (S.Luigi, S.Rocco, S.Anna, S.Quintino, ecc,) 8% - Altre
Madonne (di Pompei, dei fiori, della Salette, ecc.) 2%.
Uno spettacolo delizioso, passare nelle torride giornate estive per le
stradine e i vicoli della vecchia Tuglie e vedere, attraverso le porte
spalancate per aerare, quegli altissimi comò, quattro o cinque, talvolta sei
cassettoni, e in cima una, due o tre campane con questo o quel santo o
quella madonna, quasi sempre la Madonna del Carmine.
Più di una volta mi son fermato ad osservare, non senza lo stupore
sospettoso dell'anziana proprietaria di quella linda e solenne dimora con
pochi, curatissimi mobili.
Però, ahimé, questo bello spettacolo un tempo molto consueto va riducendosi
e se non si pone attenzione, tutte le nostre madonnine, prima o poi, si
sbricioleranno in un mucchietto di cenere. Non sia mai, tradiremmo una delle
nostre tradizioni religiose più “famigliari”, nonché il ricordo dei nostri
nonni, gente semplice ma ricca di un'antica sapienza dal sapore biblico.
* /corpo */>
Tuglie...per raccontar paese...
* sotto */>
Tutti i marchi, foto, immagini e
scritti presenti sul sito
appartengono ai legittimi proprietari.
E' severamente vietato copiarne i contenuti.
Sito ottimizzato per: