Quando
qualcuno sente per la prima volta il toponimo "Montegrappa", schiude le
labbra ad un sorriso che sa, contemporaneamente, di sorpresa e di
ironia: si sorprende chi, non conoscendo la Terra d'Otranto, corre
subito con il pensiero alle montagne di Bassano nel Veneto. Chi, al
contrario, ha contezza della piattezza del Salento, ti spara in faccia
quell'ironia beffarda: "ma guarda un pò, stì Tugliesi presuntuosi, che
si riempiono la bocca di "Montegrappa" e "Monteprino" per dire di un
costone calcareo che a malapena raggiunge i centocinquanta metri di
altitudine, ad un tiro di schioppo dal mare di Gallipoli". Ma si sa, in
un paese di ciechi, il monocolo ne è il re! E infatti nella monotonia
della pianura salentina il terrazzo di Montegrappa ha tutte le velleità
di una "montagna". Scherzi a parte. Montegrappa - la soluzione
monoverbale è da ascrivere agli anni sessanta-settanta: prima, infatti,
era "Monte Grappa'' - è nato come luogo della memoria, quasi per
l'assolvimento di un triplice voto: un "memento", una "preghiera", un
"monito". MammaTuglie, una piccola cittadina delle migliaia in Italia,
pensava di aver già saldato il suo debito verso i suoi figli, eroi del
'15-18 con il bell'obelisco impreziosito dalla maestosa fusione del
Maestro Bortone, ma coloro che erano tornati incolumi dal fronte non
avevano potuto placare, con così poco, la loro coscienza.
Erano centinaia i tugliesi che rientrarono alle loro case denutriti,
pieni di pidocchi; i più sfortunati mutilati anche nel corpo, tutti
feriti nello spirito. Tre anni di guerra su quelle fredde montagne del
Triveneto avevano fortemente segnato la loro vita; alcuni, poi,
giovanissimi goliardicamente definiti "ragazzi del Novantanove" - vera
carne da macello, avevano perso la vita vergini e martiri della
religione della Patria. Qualcuno fu testimone oculare, in una delle
tante battaglie sul Grappa, del ferimento della statua della Madonnina
lassù venerata, ed ecco il voto: perché non sciogliere una promessa a
Maria per la materna protezione concessa in quei momenti drammatici? Si
è alla fine degli anni Trenta, e Tuglie può contare sull'intraprendenza
di tre suoi figli di "valentia" e reduci dal fronte: il Dottor Cesare
Vergine, il Reverendo Vito Bacile - ragazzo del '99 - e il Perito
Agrimensore Oreste Primiceri. Merito del Dottor Vergine l'idea,
l'afflato religioso certamente di Don Bacile, quello tecnico
immancabilmente del Primiceri. Si costituisce una fondazione. l'Opera
Madonnina del Grappa, in modo da stare in regola con la burocrazia
statale ed ecclesiastica e, forse, anche per aver titolo ad accedere a
qualche provvidenza pubblica. La fase costruttiva viene affidata ai
Fratelli De Salve, fabbricatori locali, che contano al loro interno
tutte le abilità per consegnare l'edificio completo anche di pavimento,
altare in leccese ed acquasantiera in mosaico "informato". La cappella
viene aperta al culto nel 1940 e vi viene solennemente trasferita la
bella statua in cartapesta del Caretta, dal viso soave di tenera e
giovanissima madre salentina. Era stata modellata nel '38 e per due anni
era rimasta alla venerazione nella Chiesa Matrice. Con la dedicazione
della chiesetta alla Madonnina del Grappa, tutta quella campagna
macchiosa - un tempo denominata "Foresta di Sant'Agata" per essere
appartenuta alla Mensa Vescovile della Cattedrale di Gallipoli - assunse
la denominazione di Monte Grappa.
Verso il 1947-48 si ebbe la lottizzazione con "monetizzazione" privata
di tutta la zona circostante alla chiesa e sorsero le prime villette in
stile spontaneo, di cui esistono ancora numerose testimonianze. Nei
primi anni cinquanta alla chiesetta venne addossato il campanile, finora
incompleto, che quanto prima verrà, ultimato con intonaco analogo a
quello della cappella, secondo l'originario progetto. Nel 1960,
ricorrendo il ventesimo della costruzione del tempietto, la vecchia
statua in cartapesta, ritenuta superficialmente inadeguata, fu
sostituita dall'attuale in legno, dei maestri di Ortisei; per la
ricorrenza venne coniata una pesante medaglia, grazie alla fusione di
moltissimi oggetti d'oro donati dai devoti. L'altro aspetto del triplice
voto, il "memento", è rappresentato dal sacello dei Caduti, racchiuso in
un sacrario pinetato, digradante a terrazzi. In esso sono conservati i
medaglioni in ceramica con le foto di tutti coloro che perirono in
guerra - nella prima e nella seconda mondiale - o per cause di guerra.
Il "memento" - il sacello - e la preghiera-la cappella - costituiscono
insieme il "monito" a tutte le generazioni, le attuali e le future, per
l'abiura della guerra: "mai più la guerra !" ingiunge l'anatema papale
di qualche tempo fa.
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Tuglie...per raccontar paese...
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