Un motivo su YouTube fa una breccia nella mente e il ricordo che s’insinua
scava una voragine che ha sulle pareti immagini di vita spezzettata in
fotogrammi. Si rincorrono sulla lunghezza d’onda dei ricordi, danno vita
a un tempo evaporato in mille particelle di esistenza, danno forma a un viso
conosciuto e a tanti sorrisi famigliari archiviati nella mente, danno voce a
una voce cara su un pentagramma sbiadito e color seppia. YouTube non
contestualizza, per quello basto io. Ripropone note del passato trapassato
che allargano questo tunnel dello spazio-tempo per farci passare dentro
comodamente l’anima. Un sorso di rum per scivolarci dentro meglio in
questa nuova riedizione del passato.
Torna delicata una giornata
uggiosa di dicembre. Le nuvole si spostano velocemente sullo sfondo grigio
del mio cielo, cambiano forma ancor prima che la forma precedente abbia
avuto compimento e vanno in dissolvenza . Le olive cadono sulla terra
rossa appositamente battuta per accoglierle e le dita intorpidite reclamano
il tepore del fuocherello che scoppietta a poca distanza tra un antico ulivo
contorto dal tempo che lo ha reso saggio e un fico d’india vestito con la
ragnatela che si è lasciata addosso per ripararsi dal freddo. La mente
corre altrove. Lontano dalla terra rossa che domina l’universo che mi
ingloba e l’odore di scirocco si mescola col fumo denso dei rami dell’ulivo
che brucia e trasporta la voce di mio padre.
♪ ♪… C’eravamo tanto
amati per un anno e forse più, c’eravamo poi lasciati non ricordo
come fu. Ma una sera c’incontrammo per fatal combinazion, perchè
insieme riparammo, per la pioggia, in un porton…. ♪ ♪
Canta come
un usignolo seminascosto tra i rami dell’ulivo. Canta una canzone di inizio
secolo, scandendo le parole che conosce e fischiettando i versi quando la
memoria è titubante. Canta, fischia e sfida la resistenza di un
ramoscello fragile sul quale si contrappone alla gravità e misura
empiricamente il limite di flessione del legno sotto al suo peso sospeso tra
le foglie. “Ma dove vai a cacciarti. Attento che cadi giù” urlo dalla
mia infreddolita latitudine ma la sua reazione non mi stupisce.
♪ ♪
…elegante nel suo velo, con un bianco cappellin, dolci gli occhi suoi
di cielo, sempre mesto il suo visin… ♪ ♪
“Che padre folle mi
ritrovo” dico sottovoce prima di ricacciare la testa tra le mutevoli forme
delle nuvole avviluppate in un tango sensuale ballato al ritmo imposto dal
vento anarchico che soffia alla loro quota.
♪ ♪ …ed io pensavo ad un
sogno lontano, a una stanzetta d’un ultimo piano, quando d’inverno al
mio cuor si stringeva. Come pioveva, come pioveva! ♪ ♪
Mi concedo
ancora un goccio di rum per scivolare meglio tra le insidie della nostalgia
che si attorciglia alla gola e mi fa dolcemente naufragare tra le vellutate
insidie di passato. Le nuvole minacciano di fare sul serio e i primi
goccioloni fanno scattare l’allarme. “Raccogliamo tutto e andiamo via
perché sta per piovere” urla mio padre mentre abbandona, come una farfalla,
il ramo sul quale era appollaiato per guadagnare la più rassicurante terra
rossa.
♪ ♪ …Che m’importa se mi bagno, tanto a casa io debbo
andar”. “Ho l’ombrello, t’accompagno”. “Grazie, non ti disturbar”. ♪ ♪
…
Le nuvole hanno smesso di fare le capriole e di rincorrersi. Adesso
un nuvolone nero ha preso il sopravvento e scarica sulla terra goccioloni
come proiettili con una minacciosa pioggia battente. La terra è presa
alla sprovvista e le sue rughe diventano ruscelli. Il suo respiro sa di
muschio che cresce sul tufo e del fuoco che si sta spegnendo. Ripariamo
in un “furneddru” diroccato con i vestiti inzuppati sulla pelle. La sua
barba è di due giorni almeno e qualche filo d’argento la fa sembrare più
lunga. Guarda il cielo in cerca di risposte e con la mano arrotola
tabacco in una cartina. “Appena smette corriamo a casa” Aspira
fumo del trinciato e riprende la canzone dal punto in cui l’aveva
interrotta.
…♪ ♪ così pian piano io le presi la mano mentre il
pensiero vagava lontano, quando d’inverno al mio cuor si stringeva.
Come pioveva, come pioveva! ♪ ♪
Sento lo stesso freddo sulla pelle e
l’acqua sui miei tanti capelli. Le saette illuminano il cielo e i tuoni
coprono la voce. Fischietta e mi sorride mentre si dissolve piano piano tra
le ultime note di una canzone che ha segnato il tempo. Come pioveva! Mi resta il sorriso sul viso mentre spengo il mozzicone che ho tra le
dita. La luce è quella della mia cucina e sul tavolo i piatti e quello che è
rimasto della cena. Tocco le mie spalle e i capelli che mi restano ma non
sono bagnati. Solo qui negli occhi è rimasta qualche goccia.
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Tuglie...per raccontar paese...
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