La Via Sant’Antonio bisognerebbe percorrerla a cominciare dalla sua parte
alta. Di là, scivolando verso l’incrocio con Via Trieste, vi sembra di aver
varcato una soglia un po’ misteriosa che immetta in un luogo remoto
piuttosto che in quello verso il quale vi state avventurando.
Stretta, in
alto appena più larga per gli spazi rimasti fra le case a fare un groviglio
di cordelle strettamente legate intorno a una pezza di tela ruvida quasi a
celarvi un tesoro (sarà un’immagine del nodo al fazzoletto che, come
scriveva Vittorio Bodini, i salentini fanno per ricordarsi del cuore?), la
via stessa pare che vi conduca, spingendovi con la forza della sua
inclinazione, fino a Via Roma. Ma che cosa vuol dire una via!
Qui il nome deve essere legato all’edicola sacra che interrompe con la sua
cavità devota l’uniformità d’una parete stanca di tempo e di memoria: le
case, l’una accosto all’altra, sembrano persone intente a confidarsi qualche
segreto, forse un accorato sospiro di pena condivisa. Il frantoio ipogeo sul
muro del quale c’è l’immagine sacra, quasi nascosta per un soprassalto di
pudore per la povertà del manufatto, sembra mandare nell’aria il suo sentore
di olio appena spremuto: un odore che fa una cosa sola con l’aria viva nel
corridoio di cielo faticosamente impegnato a farsi vedere da una cimasa
all’altra delle costruzioni.
Si apre una corte, uno spazio domestico fatto per raccogliervi (un tempo,
non ora!)
le quiete ed intente opere femminili del cucito e del ricamo, al riparo da
sguardi indiscreti. Non ci sono palazzi di qualche pretesa, o c’è solo un
muro laterale a farne appena sentire la presenza. Il disegno è unitario, i
corpi di fabbrica, quasi tutti piccoli come nei tratti più antichi del
paese, hanno un’aria di famiglia; ciascuno ha il suo carattere ma le
somiglianze sono più forti delle differenze.
Oltre lo snodo dell’incrocio con Via Trieste, la via si allarga, ma non più
di tanto: il fondo stradale , che non ha subito una grande violenza
urbanistica, ha ancora il carattere di un tempo, con i suoi basoli spessi e
non facilmente soggetti all’usura del tempo. A far danni, molte volte, non
sono gli agenti atmosferici ma le convinzioni estetiche di colti
amministratori.
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Tuglie...per raccontar paese...
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