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Ricordo di Gigi
Uno dei temi più dibattuti nell’anno del centenario dantesco, nel 2021, è stata la strumentalizzazione che il discorso pubblico italiano ha fatto di Dante e del suo mito. Padre della patria, oltre che della lingua, monumento nazionale, addirittura profeta del dux, il duce: un condottiero immaginato, per il poeta fiorentino; il Duce in carne e ossa per una pletora di sedicenti studiosi in camicia nera, insegnanti di scuola ma anche intellettuali di fibra spessissima (addirittura Giovanni Gentile). Se curiosate tra le note delle centinaia di pubblicazioni su questo tema uscite negli ultimi tre-quattro anni, trovate sempre, ripetuto e venerato, il riferimento un saggio straordinario di Luigi Scorrano, intitolato appunto Il Dante “fascista” (pubblicato su una rivista tedesca nel 2000 e ripubblicato in volume nel 2001). Più di vent’anni prima che la polemica divampasse furiosa, col ministro della cultura che affiliava il poeta nel gruppo dei precursori, addirittura il fondatore, del pensiero di Destra, questo studioso salentino aveva investigato con serietà e con una notevole dose di ironia quello che lui scopriva essere un “luogo comune” della retorica del regime, l’idea cioè che la poesia della Divina Commedia tramandava tutta intera l’idea, si sa quanto pericolosa, di Nazione come comunità di sangue oltre che di lingua, «santa patria» secondo Gentile.
Quel saggio rappresenta tutto intero il modo di stare al mondo, e di studiarlo attraverso la letteratura, di Luigi Scorrano, che si è spento ieri nella sua Tuglie a 85 anni. Uno stile garbato, di un’eleganza moderna, ma in fondo provocatorio, capace di interrogare in profondità il lettore, di non lasciarlo mai indifferente. Nel 2000 il presidente Ciampi, ex partigiano di ispirazione azionista, aveva riportato in vigore simboli (il tricolore) e consuetudini (la parata militare del 2 giugno) che da lungo tempo l’Italia considerava scomodi; Scorrano, dalla sua scrivania, cercò di far capire pazientemente come, nella nostra tradizione, simboli e consuetudini vanno trattati con rispetto, con delicatezza, situati nel loro tempo ma con le giuste consapevolezze culturali, in quadro costituzionale e antifascista.
Per lunghi anni professore di Italiano nelle scuole secondarie superiori, in particolare a Casarano (la città gli ha concesso la cittadinanza onoraria nel 2015), Luigi Scorrano è riuscito a tenere assieme, in una maniera che forse oggi non è più pensabile, impegno politico e sociale, slancio per l’insegnamento e un’attività di studio e di scrittura impressionanti. Una biografia del Novecento, secolo tanto vituperato ma tempo in cui la cultura e lo studio potevano essere lo strumento di un’ascesa sociale felice. Gigi – come lo chiamavano tutti – veniva da una famiglia numerosa e non attrezzata economicamente, e fece studî irregolari. «Ho la laurea, ma non sono diplomato!», scherzava, ricordando il suo titolo professionale elettrotecnico, che non gli impedì la bruciante passione, prima nascosta, poi sempre più “pensiero dominante” (come direbbe Leopardi) per la lettura e per il teatro, che lo portò a studiare prima a Milano poi a Lecce, con uno dei più grandi nomi degli studi danteschi pugliesi e internazionali, Aldo Vallone. Gli anni di Milano non vennero dimenticati: erano quelli delle rappresentazioni teatrali perturbanti di Giovanni Testori, cattolico tormentato che metteva in scena la crudeltà del potere, la forza degli ultimi e la loro capacità di redenzione. A Testori Scorrano ha dedicato pagine di rarissima penetrazione e intensità, che ne specchiavano in modo complesso la tensione religiosa e l’aspirazione di cambiamento in nome dei più deboli.
Ma la continuativa attività di ricercatore di Gigi ha esplorato gran parte della letteratura di quel secolo difficile, dallo scomodissimo D’Annunzio (anche lui smontato nella sua magniloquenza) al romanzo e alla poesia contemporanei; un libro celeberrimo e utilizzatissimo – quasi saccheggiato dagli studiosi per la quantità di informazioni e intuizioni – è Presenza verbale di Dante nella letteratura del Novecento, del 1994: lo sguardo nei confronti di molti autori più vicini a noi, grazie a quel lavoro, è cambiato. Gigi praticava, di nuovo, una garbata provocazione intellettuale: la letteratura, all’epoca, si pretendeva “novissima”, quasi senza padri; non era vero per niente: la “tradizione” (e il padre di quella tradizione), ne costituiva l’alfabeto profondo, aiutava a svelarne il senso. Quel volume univa le due passioni di Scorrano: la scrittura dell’oggi e l’opera di Dante, a cui dedicò, assieme al suo maestro Vallone, un fortunatissimo commento, uno dei più diffusi nei licei.
Questo posto di prima importanza nella comunità internazionale degli studiosi di letteratura Gigi lo ha voluto praticare, per scelta e con estrema libertà, fuori dall’Accademia e a contatto con gli studenti, a cui ha dedicato non solo un impegno didattico fuori dal comune, ma anche una ricca produzione di invenzioni teatrali (spesso riduzioni di classici), oggi inedite: meriterebbero un’edizione sorvegliata, che le metta a disposizione dei lettori ed eventualmente di nuovi attori. A Tuglie, Scorrano è stata una figura politica di riferimento nel quadro della sinistra socialista; in un paese storicamente egemonizzato dal centro democristiano, in una breve stagione di centro-sinistra, Gigi fu un indimenticabile assessore alla cultura, capace di fare di questo centro un po’ esterno ai circuiti turistici un luogo di sperimentazione artistica e di incontro culturale di altissimo livello: memorabili le mostre come quella sulla Grande guerra dove uno storico come Mario Isnenghi tenne una lezione di fronte a una folla numerosissima. Con questo bagaglio, ancora in epoca recente, Gigi è stato candidato sindaco di una lista civica, l’unico capace di riunire la lacerata sinistra tugliese e di contendere la vittoria (sfiorata per pochi voti) alla maggioranza.
L’anno scorso, l’editore Musicaos di Neviano ha riunito assieme la ricca, e originalissima, opera poetica di Scorrano. Parlandone in piazza a Tuglie, Antonio Errico ha giustamente evocato l’esempio di Pasolini. Ha ragione. Luigi Scorrano viene da quella sotterranea corrente di intellettuali totali, scrittori ed educatori, capaci di spremere la cultura e la letteratura in tutte le sue forme, per farne un potentissimo strumento di cambiamento sociale.
 
 

Antonio Montefusco, Université de Lorraine




 

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