C’era
una volta la Luna… “ma come c’era? Adesso non c’è più?” tu mi
chiedi. Certo che c’è; solo che una volta è scomparsa dai sentieri
del cielo e della terra; così, d’un tratto, eppure la notte del
giorno prima, lei aveva danzato, allegra allegra, con gli Ulivi e si
era posata sulle cime più alte e le Nuvole s’erano fatte un po’ più
in là perché, dalla terra, vedessero quella danza eterna e quel suo
eterno sorriso di fanciulla felice.
Questo però era successo il giorno prima… il giorno dopo, lei, la
Luna, non c’era più. Eppure, il tramonto infuocato aveva solcato il
cielo e poi era spuntato Espero e poi era arrivato il crepuscolo e
poi s’era affacciata la notte; piano piano aveva steso la coltre di
tenebre, vellutata come petali di fior di loto. E la Luna? Non
appariva.
Era successo, a volte, che giocasse a rimpiattino ma poi spuntava
sempre puntuale, puntualissima col suo visetto pieno pieno che ti
veniva la voglia di darle un pizzicotto.
Ma quella notte, non spuntò davvero; e fu sgomento e panico; la
cercarono di qua e di là … il Cielo chiese alla Stelle di brillare
forte forte forte per illuminare i sentieri dell’Universo, non fosse
mai che si fosse persa per strada e le Nuvole si fecero da parte per
lasciare liberi tutti gli spazi e s’acquietò il Vento perché si
sentissero nel silenzio i suoi passi, se lei si decideva ad
arrivare; con gli occhi all’insù, sulla Terra, gli uomini
osservavano; erano immobili gli Ulivi nell’attesa; non brillavano
più d’argento; scuri scuri, nei rami, anche gli Ulivi s’asciugavano
lacrimoni; in silenzio attendevano le bestioline e le cose.
Perché come si fa, come si fa a rinunziare alla Luna? Come si fa a
continuare a sorridere se lei non sorride? Poi s’affacciò nel cielo
l’Alba; sembrò non avesse più colore e fu pieno di dubbi
l’alternarsi del giorno e della notte. Un po’ stanco anche il Sole
ché non v’era la Luna a dargli il cambio e non aveva voce la civetta
sul mandorlo delle Veneri.
Lunghi quanto l’eternità il giorno e la notte… così che se ne perse
il conto… sino a quel tramonto che non voleva finire mai sul lido
delle Conchiglie baciato dal rosso della speranza.
E fu, dopo, uno spicchio ad oriente; uno spicchio tenero come
disegno di bimbo; come ciglia su gota, come filo di ragnatela, come,
come non ti so dire più; forse come raggio di Luna… ma si, raggio di
Luna che era lei, era tornata, un po’ smagrita ma lieve,
delicatissima, uno spicchio solo - che importa? – uno spicchio solo
e già Espero tramontava e lei scendeva a ritrovare gli Ulivi per
riprendere con loro la danza allegra della giovinezza… e cantò la
Civetta e fu, fu un respiro di gioia, infinito, un fremito di vita,
un sussulto grande, grande quanto un abbraccio, un abbraccio grande
ma delicato, per non farle male, per non disturbare il suo ritorno…
sorrise anche Venere, l’astro del cielo, mentre sorgeva per fare
andare a nanna la Luna, che non si stancasse molto, e sbocciò
mandorlo sulla grotta divina tra gli uomini, ad un passo da lido di
Conchiglie.
E oggi nessuno si chiede perché la Luna d’un tratto non c’è stata
più e quando è ritornata, è ritornata spicchio luminoso; in fondo la
Luna, che è giovane e forte, può anche permettersi di allontanarsi
per un po’ e poi di ritornare e poi di ridiventar se stessa, piano
piano, nell’alternarsi leggero del tempo.
Lei c’è, Luna c’è; è quello che interessa e che dà gioia; e poi, non
è lunga l’attesa quando c’è la certezza del ritorno. Oggi è spicchio
tenero; domani sarà tonda tonda, ancora; sorriderà e poi si regalerà
una pausa… e gli Ulivi? Gli Ulivi in fretta in fretta, si sono
asciugati, coi loro rami d’argento, i lacrimoni.
Anche le favole possono essere una realtà
allegra.
Dedicata ad una ........Luna di questi nostri luoghi.
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Giuliana Coppola |
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