Tantissime
erano le tradizioni che noi ragazzi nati nel boom economico degli anni 60′,
portavamo umilmente a compimento, una su tutte l’incredibile fòcara della
vigilia di Natale. Era consuetudine per noi ragazzi andare a raccogliere legna
da ardere a partire dalla fine di settembre, inizi di ottobre, coincidenti
allora con l’inizio dell’anno scolastico. Grazie ad un carretto di legno,
prestato a noi ragazzi dalla falegnameria Montefusco, ma tirato dalla forza di
decine di mocciosi, tutti insieme allegramente si raccoglieva dalle case e dalle
campagne circostanti il paese, i pezzi di legno e le fascine che dovevano
successivamente creare l’enorme spettacolare falò, che non aveva nulla da
invidiare, al più famoso di Novoli. Si costruiva prima la capanna con i tronchi
di legno, poi successivamente venivano poggiate le fascine che coprivano tutto
intorno la capanna in legno che poi fungeva da camera di innesco per l’incendio
della fòcara. Tanto lavoro, mesi interi a raccogliere legna, a costruire
l’enorme falò, che poi bruciava in poche ore la sera del 24 dicembre quando
veniva incendiato, il fuoco ed il suo crepitio arrivava fino all’alba del 25
dicembre, bruciando per tutta la notte. Tanto lavoro, ripagato solo
dall’enormità dell’impresa, poi dalla soddisfazione di avere fatto qualcosa di
buono, avevamo nel nostro immaginario tenuto caldo il bambinello che nasceva in
quella notte. Ancora oggi ricordo con piacere quei momenti trascorsi con gli
amici “dellu Rraona “. Tutte quelle vigilie di Natale con il fuoco che arde ed
incendia il buio della notte, le pittule calde di mia madre, il suo abbraccio
sereno, tutto questi ricordi hanno un sapore particolare che oggi non sento più.
Ma nella memoria rimangono intatte le visioni delle lunghe partite di pallone,
la varra, li tuddhri, la prima radio libera nell’oratorio di S. Maria Goretti,
il gruppo musicale che accompagnava le messe di papa Dante ( si, detto proprio
alla greca ) altre cose potrei dire e scrivere, ma voglio chiudere ricordando
che qualcuno fa scaturire il nome Tuglie, dalla pianta della famiglia delle
cupresacee la Tuia, ebbene in Nord America, da dove proviene la pianta, essa
viene denominata ” Albero della Vita ” ed io oggi vi saluto ricordando che
l’albero della vita si trovava nell’Eden, per me Tuglie, ancora oggi che sono
lontano, rimane assolutamente ” il paradiso terrestre “.
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Tuglie...per raccontar paese...
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