Una
breve premessa prima di addentrarci nella storia, l'articolo risale a qualche
anno fa, ma volevo trasmettervi le emozioni provate allora, nel conoscere quello
scrigno incredibile del Museo della Radio di Tuglie. Alcuni giorni fa sono
andato di proposito al museo della radio di Tuglie, era da un pò che pensavo di
andarci ma c’è stato sempre qualcosa che me lo ha impedito. Con enorme piacere
ho conosciuto Salvatore Giuseppe Micali ( Pippi per gli amici ) l’artefice
principale del museo. Mi son fatto guidare nella visita, dai dettagli ricchi di
passione del nostro Micali e dopo un pò di domande mi sono congedato da lui
promettendogli un articolo sul mio blog. Belli o brutti, goffi o eleganti,
modesti o ricercati, persino strani, quegli apparecchi sono immagine e voce di
un tempo: tracce di una storia che entrano nella Storia e, a modo loro, fanno la
Storia. Si possono guardare in tanti modi: con l’interesse appassionato del
collezionista o con lo sguardo un po’ superficiale del curioso. Esso non desta
più le passioni di un tempo; la sua immagine, e la sua funzione di strumento di
comunicazione di massa, si sono appannati. La radio non è più una voce della
storia, uno strumento di quelli che collaborano a “costruire la storia”. La
soffitta o il museo sembrano i naturali traguardi che attendono gli apparecchi
d’un tempo troppo presto diventato remoto. Il museo della radio unico nella
regione è stato inaugurato da Pippo Baudo, ma quello che fa impressione e che
tutti gli strumenti, non ci sono solo radio, alcuni di essi ultracentenari, sono
tutti perfettamente funzionanti. Nella mia visita ho scoperto anche il frantoio
ipogeo Marulli con le presse ed i depositi e tutto l’altro materiale facenti
parte della struttura frantoiana. Ma anche qui a catturare la mia attenzione
sono stati due oggetti. Il primo, due enormi altoparlanti simili a due tromboni
che originariamente si trovavano in Piazza S.Oronzo a Lecce durante il ventennio
fascista e propagavano la voce del Duce, del re Vittorio Emanuele III e di
Achille Starace gerarca fascista nato a Gallipoli. L'altro oggetto le scarpe del
papa... regalate al museo dal suo costruttore Adriano Stefanelli, nato a Tuglie
nel 1948, poi emigrato come molti a Novara. “una passione umile e modesta” come
lui stesso ama ricordare, un impegno che di fatto lo ha reso noto al mondo. A
dire il vero, quando l’artigiano confezionò le sue prime scarpe importanti,
quelle per Giovanni Paolo II, non immaginava nemmeno che l’evento avrebbe
suscitato un enorme impatto mediatico. “Feci le scarpe per un Papa stanco,
malato racconta Stefanelli volevo semplicemente alleviare le sue sofferenze dopo
averlo visto in difficoltà durante una Via Crucis. Feci ciò che sapevo fare,
volevo sentirmi utile”. Da allora l’interesse per il suo lavoro è cresciuto, in
molti hanno chiesto scarpe simili a quelle del Papa, ma Stefanelli, calzolaio
nel tempo libero, le scarpe le ha fatte solo per poche persone. E le ha sempre
donate, preferendo vivere della sua attività di commerciante. Così ha fatto
anche qui regalando una copia delle scarpe prodotte per Giovanni Paolo II che
fanno bella mostra di sè dentro una teca. In tempo di crisi, un invito indiretto
a riscoprire gli antichi mestieri, gli stessi che hanno fatto del made in Italy
la nostra carta vincente, un mix di ingegno, di capacità, di qualità e di
fortuna che tutti ci invidiano. Ed io accompagnato da mia moglie anch’essa
contenta della visita, son potuto tornare a casa contento ed orgoglioso di esser
anch’io figlio della Calandra. Alcuni giorni fa sono andato di proposito al
museo della radio di Tuglie, era da un pò che pensavo di andarci ma c’è stato
sempre qualcosa che me lo ha impedito. Con enorme piacere ho conosciuto
Salvatore Giuseppe Micali ( Pippi per gli amici ) l’artefice principale del
museo. Mi son fatto guidare nella visita dai dettagli ricchi di passione del
nostro Micali e dopo un pò di domande mi sono congedato da lui promettendogli un
articolo sul mio blog. Belli o brutti, goffi o eleganti, modesti o ricercati,
persine strani, quegli apparecchi sono immagine a voce di un tempo: tracce di
una storia che entrano nella Storia e, a modo loro, fanno la Storia. Si possono
guardare in tanti modi: con l’interesse appassionato del collezionista o con lo
sguardo un po’ superficiale del curioso. Esso non desta più le passioni di un
tempo; la sua immagine, e la sua funzione di strumento di comunicazione di
massa, si sono appannati. La radio non è più una voce della storia, uno
strumento di quelli che collaborano a “costruire la storia”. La soffitta o il
museo sembrano i naturali traguardi che attendono gli apparecchi d’un tempo
troppo presto diventato remoto. Il museo della radio unico nella regione è stato
inaugurato da Pippo Baudo, ma quello che fa impressione e che tutti gli
strumenti, non ci sono solo radio, alcuni di essi ultracentenari, sono tutti
perfettamente funzionanti. Nella mia visita ho scoperto anche il frantoio ipogeo
Marulli con le presse ed i depositi e tutto l’altro materiale facenti parte
della struttura frantoiana. Ma anche qui a catturare la mia attenzione sono
stati due oggetti. Il primo, due enormi altoparlanti simili a due tromboni che
originariamente si trovavano in Piazza S.Oronzo a Lecce durante il ventennio
fascista e propagavano la voce del Duce, del re Vittorio Emanuele III e di
Achille Starace gerarca fascista nato a Gallipoli. L'altro oggetto le scarpe del
papa... regalate al museo dal suo costruttore Adriano Stefanelli, nato a Tuglie
nel 1948, poi emigrato come molti a Novara. “una passione umile e modesta” come
lui stesso ama ricordare, un impegno che di fatto lo ha reso noto al mondo. A
dire il vero, quando l’artigiano confezionò le sue prime scarpe importanti,
quelle per Giovanni Paolo II, non immaginava nemmeno che l’evento avrebbe
suscitato un enorme impatto mediatico. “Feci le scarpe per un Papa stanco,
malato racconta Stefanelli volevo semplicemente alleviare le sue sofferenze dopo
averlo visto in difficoltà durante una Via Crucis. Feci ciò che sapevo fare,
volevo sentirmi utile”. Da allora l’interesse per il suo lavoro è cresciuto, in
molti hanno chiesto scarpe simili a quelle del Papa, ma Stefanelli, calzolaio
nel tempo libero, le scarpe le ha fatte solo per poche persone. E le ha sempre
donate, preferendo vivere della sua attività di commerciante. Così ha fatto
anche qui regalando una copia delle scarpe prodotte per Giovanni Paolo II che
fanno bella mostra di sè dentro una teca. In tempo di crisi, un invito indiretto
a riscoprire gli antichi mestieri, gli stessi che hanno fatto del made in Italy
la nostra carta vincente, un mix di ingegno, di capacità, di qualità e di
fortuna che tutti ci invidiano. Ed io accompagnato da mia moglie anch’essa
contenta della visita, son potuto tornare a casa contento ed orgoglioso di esser
anch’io figlio della Calandra.
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Tuglie...per raccontar paese...
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