La festa di san Giuseppe, compatrono di Tuglie, saluta
definitivamente l'inverno e fa percepire i delicati profumi della
primavera; così gli antichi e tradizionali riti religiosi e le
abitudini stagionali, si uniscono in un forte connubio all’insegna
della festosità e della devozione. Nella tradizione popolare
tugliese, San Giuseppe è una delle figure più care alle famiglie,
perché ritenuto più “potente” per la concessione delle grazie. In
virtù della sua professione, è anche il protettore dei falegnami ed
artigiani, che da sempre, a Tuglie, sono i principali promotori
della sua festa. Questo giorno è anche associato a due tradizioni
specifiche: le “focare” e le “zeppole”. Poiché la festa liturgica
del compatrono, coincide con la fine dell'inverno, si è sovrapposta
involontariamente ai riti pagani di purificazione agraria. In
quest'occasione, infatti, i contadini bruciano i residui del
raccolto sui campi, in particolare quello delle olive. Questi riti
sono accompagnati dalla preparazione delle zeppole, dolce tipico di
questa festa. Tuglie si sveglia all’alba, con lo sparo di fragorose
batterie pirotecniche che annunciano la giornata di festa,
rallegrato ancor di più dalle sinfonie del concerto bandistico. Alle
18, nella Chiesa Matrice, don Emanuele Pasanisi celebra la solenne
messa con il panegirico sulla vita del santo. Segue la processione
per le strade della città, alla quale prendono parte tutte le
associazioni religiose e civili, insieme alle autorità locali. A
precedere la statua di San Giuseppe, oltre alle due confraternite, è
la statua della Vergine Annunziata. Questa festa si fa , stando ai
documenti ufficiali, “dacché s’è fondato il paese” e riempie di
gioia e trepidazione tutta la comunità perché fa da apripista alla
grande festa patronale.
(articolo di Gianpiero Pisanello tratto da
quiSalento – Marzo 2009) |
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