Dopo la distruzione della fortezza di Otranto operata dai turchi nel 1480, il
feudo di Tuglie passò in proprietà di potenti feudatari (Maramonte, Balduino,
Lantoglietta, Montefuscolo, Palladino, Pandone, Petrucci, Venneri, Ferrari e
Castriota).
Dopo la morte di Giorgio Castriota (1633), il feudo-casale di Tuglie fu
donato alla figlia Dianora che, per i debiti contratti dal figlio Domenico,
nel 1681 ne dispone la vendita a Francesco Antonio Cariddi, signore di una
nobile famiglia di Gallipoli, per 8.000 ducati.
Presso la Chiesa di S. Agata, a Gallipoli, nel registro dei morti dell’anno
1683, è annotato che il 9 novembre, il barone Cariddi, di anni 90, rese
l’anima a Dio, per cui gli succedette il figlio Pietro.
Il 18 gennaio 1696, la nobildonna Antonia Prato, marchesa di Arnesano,
acquistò il feudo-casale di Tuglie per 9.000 ducati da Giacomo Antonio
Cariddi (figlio ed erede “in feudalibus” del fratello Pietro) e ricevette il
titolo di Baronessa di Tuglie, dopo il reale assenso.
Donna Antonia Prato, nel 1650 aveva sposato il duca Ferrante Guarino,
signore di Poggiardo, dal quale ebbe nove figli. Diventati signori di
Tuglie, Antonia e Ferrante Guarino si trasferirono nel palazzo baronale, che
si ergeva nel mezzo del casale.
Nel frattempo il feudo di Tuglie aveva subìto profonde trasformazioni. Il
vecchio proprietario Francesco Antonio Cariddi da tempo aveva cominciato a
cedere i terreni macchiosi ed incolti ai contadini in cambio della decima
sui frutti delle coltivazioni e di un canone fisso per ogni appezzamento di
terreno. Appena si sparse la notizia, dai feudi vicini accorse altra gente
che si sistemò alla meglio nelle grotte vicine al casale e nelle case sparse
nei pressi del palazzo baronale. Fu così che il feudo di Tuglie cominciò ad
espandersi e a produrre. I nobili Guarino, poi, operarono la prima riforma
fondiaria nel territorio e governarono sul feudo fino al secolo XVII.
Alla morte della baronessa Antonia Prato, avvenuta il 18 ottobre 1715, il
feudo fu intestato al figlio primogenito Fabrizio Guarino che morì il 22
settembre 1717. A Fabrizio succedette il fratello Filippo che seppe dare al
casale di Tuglie una maggiore espansione del territorio agricolo e quindi
una maggiore produzione di olio e di vino. Sotto il barone Filippo Guarino,
il piccolo centro di Tuglie si sviluppò ulteriormente. Furono costruiti i
primi trappeti sotterranei, scavati nella roccia, che ebbero grande
importanza per l’economia tugliese. Il numero delle case arrivò a 162 e la
popolazione a 60 abitanti, la maggior parte dei quali erano contadini ed
artigiani.
Nel 1720, il barone, sebbene non più giovanissimo (aveva 60 anni), sposò la
nobile Isabella Castriota-Scanderberg, educanda nel Convento di Santa
Chiara, in Gallipoli. La giovane Isabella, perduta ogni speranza di avere un
figlio, nel 1727 si separò dal barone ed andò a vivere nel Convento di
Sant’Anna nella città di Lecce.
Rimasto solo, Filippo Guarino, alla sua morte, donò il feudo di Tuglie al
nipote Giuseppe Fernando Venturi, duca di Minervino, figlio della sorella
germana.
Con le imprese edilizie, il rimodernamento delle colture, l’incentivazione
del mercato agricolo, le epigrafi, i segni araldici sulle facciate e in
particolare nelle chiese, la famiglia Venturi ebbe risonanza pubblica nella
provincia di Lecce fin dal 1414, allorché Giacomo Venturi sposa Antonia
Sembiase proprietaria del ducato di Minervino di Lecce.
La stessa famiglia, però rivestiva un ruolo prestigioso da almeno due secoli
in varie zone d’Italia.
L’insediamento dei Venturi nel feudo di Tuglie è confermato nel 1745, anno
in cui Filippo Guarino, per mancanza di eredi, dona al nipote Giuseppe
Ferdinando Venturi il casale sopracitato divenendo duca di Minervino e
marchese di Tuglie.
Il governo dei Venturi ebbe il plauso positivo dei tugliesi, poiché,
prestarono attenzione soprattutto alle attività agricole, politiche e
amministrative del casale.
Alla morte di Giuseppe Ferdinando Venturi, avvenuta il 1° giugno 1794, gli
succedette il figlio Francesco Stefano Venturi, che fu l’ultimo signore di
Tuglie perché la feudalità fu di lì a poco soppressa.
L’arme dei Venturi è un’aquila bicipite con sovrapposta una corona. Di
questa tipologia di arme potevano fregiarsi coloro che avevano avuto un
legame di parentela con una Casa Regnante. Difatti, lo storico Aldimavi fa
discendere i Venturi da sangue reale greco.
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Tuglie...per raccontar paese...
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