Ho presente che un lettore filologicamente accorto avrà il suo da
pensare con il ritrovarsi nella prima parte del titolo quella
pericolosissima espressione: “inzuppare il biscotto”. In tutto il
Salento quest’espressione rassicurante da prima colazione è una
metafora erotica che, proferita con un mezzo sorriso e lo sguardo
complice, allude all’atto principe della riproduzione. Lascio ad
amici più esperti la spiegazione dell’origine di un simile
sproposito erogastrolinguistico. Non voglio immaginare quali
inquietanti risvolti possa avere invece, la seconda parte del titolo
che suggerirebbe una scioccante e colorita immagine blasfema. Ma
niente è come sembra. E’ tutto falso. Posso rassicurare i più
sensibili spiriti che si affacciano a questa amena lettura che si
tratta di un equivoco. Scoraggio i lettori più perversi dal
ricercare ammiccamenti sconvenienti. Per ragioni sconosciute
l’espressione “ssuppare lu biscottu”, inzuppare il biscotto, a
Tuglie ha acquisito negli anni uno straniante significato
completamente avulso dal contesto gastronomico e dalla sua deriva
erotica. “L’inzuppare il biscotto” a Tuglie è una sofisticatissima
arte della farsa e della presa in giro che richiede un esercizio
costante e metodico. In termini prosaici si potrebbe definire l’arte
del prendersi gioco dell’ingenuità altrui. Lo stesso titolo di
questa svagata lettura è un esempio di ssuppamentu te biscottu nei
confronti di voi, amichevoli lettori. Ma non me ne vogliate, intenti
antropologici ci vietano il facile scherzo. Di cultura insomma si
parla e non di spiritosaggini. Per qualche riferimento rimando ad un
mio intervento proposto durante una conferenza dal titolo “Tomar del
pelo en el mundo contemporáneo” nell’Universidad Nacional de
Envineta durante i miei anni colombiani e poi pubblicata negli atti
del convegno con il titolo “Màs grande es la taza, màs leche hay,
màs galletas se empapan”, inoltre un articoletto in inglese, spero
di non apparire autocelebrativo, dal titolo “Milk in the cup, sex
and humor in the south of Italy” apparso nella rivista iraniana
.
Rocco Ricchiane, in una noterella dei suoi Studi Salentini, quando
ancora si presentava quale attento e morigerato studioso, ci
racconta di questo strano significato ristretto all’abitato di
Tuglie. Ne scoprì il senso a sua spese durante i suoi viaggi nel
Salento. Racconta che quel giorno conversava amichevolmente con un
amico di Tuglie, che ad un certo punto gli propose: “perché non
vieni a Tuglie ad assaggiare la banana della Madonna?” Come vedrete
dal proseguo della storia la frase fu formulata in modo infelice e
Rocco Ricchiane confessa il suo sconcerto d’allora a quella
strampalata proposta. Non possiamo sapere come siano andate
veramente le cose, immagino che, al vedere la faccia stupita di
Rocco, nell’amico tugliese sia scattata automaticamente la molla
dell’inzuppata di biscotto. Rocco infatti ha chiesto: “scusa, qual è
la relazione tra la madonna e la banana?” In quel momento nel
tugliese è partito il meccanismo e ha spiegato a Rocco Ricchiane,
confidando nel suo interesse per le abitudini salentine: “Durante un
assedio dei saraceni, i Tugliesi avevano finito le scorte di cibo e
sarebbero stati sopraffatti per fame. Pregarono la Madonna perché li
salvasse e il miracolo avvenne. L’albero di banane che adesso si
trova nella piazzetta iniziò a fruttificare in maniera abnorme e i
tugliesi iniziarono a sfamarsi. I saraceni non capivano come
facessero gli assediati a mantenersi così in forma. I tugliesi si
nutrirono di banane per oltre un mese e alla fine i Saraceni
dovettero andarsene. Fu così che nacque la tradizione della banana
della Madonna o della Madonna della Banana.” Avrete in mente anche
voi che una storia tanto strampalata ha tutti i requisiti per poter
essere creduta. Rocco Ricchiane volle vederci chiaro e accettò
l’invito. Giunse a Tuglie nella notte della festa della madonna del
Carmine. Purtroppo l’amico tugliese aveva preparato una tazza enorme
con una grande quantità di biscotti. Aveva parlato con molti amici e
Rocco si sarebbe trovato nel bel mezzo di un’inzuppata generale.
Rocco si fermò a salutare i genitori dell’amico e quindi insieme
uscirono per andare verso la piazzetta. Appena per strada
incontrarono un gruppo di giovani seduti su un gradino che
sbucciavano banane e le addentavano facendosi un segno della croce.
Ovviamente Rocco Ricchiane fu stupefatto da una simile abitudine che
si dimostrava sempre più reale. “Vedi?” disse l’amico di Tuglie,
“non volevi credermi?” Durante il tragitto un signore si affacciò
dal balcone gridando: “Lode sia alla banana!” e iniziò a ingollare
banane. Rocco confessò all’amico: “E’ una tradizione stranissima.
Devo scriverci un articolo perché una tradizione del genere non può
passare inosservata.” E’ quasi inutile che vi riveli che i
personaggi incontrati per strada facevano parte dell’inzuppata di
biscotto e che avevano atteso l’arrivo dell’ospite per recitare la
parte assegnata. Giunti in piazza, Rocco Ricchiane non volle credere
ai propri occhi: su un tavolino vicino al bar facevano bella mostra
di sé delle assurde figurine con la Madonna che recava un casco di
banane (immagini fatte spuntare al momento giusto ovviamente dai
complottisti). Infine, quando Rocco vide un complice dell’amico
tugliese travestito da prete che pregava e mangiava una banana si
convinse che la storia fosse vera. A fine serata Rocco assaggiò un
gelato particolare chiamato appunto banana che si consumava soltanto
durante le feste. Qualche giorno dopo Rocco pubblicò un articolo
coltissimo descrivendo la tradizione della Madonna della Banana a
Tuglie, facendo risalire il culto alle invasioni Saracene, a qualche
influenza bizantina, che non guasta mai, ad antichi riti pagani.
Purtroppo la smentita feroce che seguì dopo qualche giorno a mezzo
stampa da parte del Parroco e il Sindaco di Tuglie a nome di tutta
la cittadinanza offesa da un simile stupidissimo articolo “a
proposito di un’inesistente e blasfema Madonna della Banana” fece
prendere coscienza a Rocco Ricchiane di essere stato raggirato dal
più inutile, stupido e meschino degli scherzi: un’inzuppata di
biscotto appunto. Capisco che se adesso volessi convincervi del
fatto che in tutta questa farsa esiste un elemento di verità non mi
prendereste sul serio. Eppure le banane a Tuglie durante le feste
della Madonna si mangiano veramente: ma non il frutto, bensì un
gelato preparato per l’occasione che si chiama appunto banana.
L’amico tugliese nella sua domanda originaria aveva proposto appunto
a Rocco di andare a mangiare un gelato tipico: “perché non vieni a
Tuglie ad assaggiare la banana della Madonna?”. Per ragioni che
affondano le radici nel culto dell’inzuppare il biscotto ne era nata
tutta questa storia impossibile.
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