Giuseppe Solida o l’arte di una solitudine radiante
Chi
si guarda intorno camminando in terra pugliese scorgerà subito il senso
profondo e autentico del noto pittore di Tuglie, Giuseppe Solida. Sono
passati ormai molti anni da quando io e Giuseppe frequentavamo le scuole
elementari del paese, dalle parti del “Largo Fiera”. Giuseppe sviluppava già
da bambino uno sguardo singolare ed un’osservazione acuta, mentre ammirava
il dettaglio di una cornice, l’arco di una porta, la prospettiva di una
facciata, il cromatismo attempato di un quadro, il fascino di un
aristocratico balcone, la simmetria dell’ “eterno” ponte sotto la ferrovia
di via Savoia, la superficie tufolata di una roccia oppure le
sfumature nuvolose del cielo salentino su fondo di terre ocre: paesaggio
unico, vibrante di colori sgargianti e odori marittimi. Da quei commenti
succinti ma molto dettagliati ho infine intuito che i motivi che emergono
oggi dall’intera opera del Maestro Solida affondano le loro radici nei
filari aridi e rossicci della terra d’Otranto. La sua lucida ricerca
pittorica affronta il tema del vecchio Salento con la tecnica del pastello
ad olio. I suoi ambienti plurali, tra sole e mare, sgomento e giubilo,
dolore e speranza, crisi e serenità, sono popolati da figure plastiche che
marcano il paesaggio delle “Macchie”, le struggenti “Mute Terre”,
indimenticabile sinfonia di colori eloquenti. Il campo semantico
dell’aggettivo “mute” (molte, trasmutate e mute) non ha mai avuto un
senso più gravido di amore/odio. L’arte del Solida diventa sensibile a
quell’armonia variopinta, aggressiva, saturata da una luce diafana,
profumata e sensuale. I motivi dei suoi quadri rinviano ad un aspetto
secolare del paesaggio irradiato da una chiarezza traslucida: vecchi
furneddi, ulivi contorti, contadini dal volto emaciato, corti occulte,
ormai disabitate. Solida esegue gli scorci salentini con colori vivaci che
tendono ad illuminare e costruire l’equilibro di un mosaico magico. I volumi
sinuosi dei soggetti sono accentuati da una sfumatura raffinata e squisita.
L’occhio del critico avverte che il lavoro pittorico si sviluppa mediante la
ripetizione di moltissimi schizzi ondeggianti e voluttuosi come l’acqua
dello Ionio. È una costante equazione di carne e di sangue (blood, sweat
and tears) che divora l’anima. L’itinerario intellettuale ed artistico
del Maestro Solida denota la presenza di un puro impressionismo francese
ottocentesco nonchè l’influenza dei paesaggisti ottocenteschi attivi nel
Salentino. Il pittore tugliese ascolta il “linguaggio” silenzioso della
madre natura e lo traduce in quadri luminosi, non rimane insensibile al
cambio costante di luce. Il suo pennello raccoglie i colori di un antico
stradone o un modesto vicolo. La mano del Solida trasfigura la banale realtà
e tramite la sua pittura crea una metamorfosi abbagliante. La sua emozione
artística sulla tavolozza va cervantizzando, cioè passa dalla vita
alla rappresentazione sensoriale. Solida concentra l’attimo effimero in una
cristallizzazione di forme e colori. Secondo le parole del pittore: “la
scelta di una tecnica adeguata è il primo obiettivo che un artista maturo
deve proporsi”. Una simile scelta potrà durare tutta la vita. Il pittore
traduce tacitamente l’intensità dei suoi sentimenti in questa passione di
“materia e memoria”. Nella permanente interrogazione sul “cammino”
dell’esistenza, l’arte di Solida diventa, nel complesso, una religione,
forse anche un apostolato. La pietra, l’ulivo e il metallo racchiudono la
testimonianza indelebile di un’antica tradizione artistica che non si
rassegna a morire.
Luigi
Imperiale
Kansas City, Missouri, Luglio 2012
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Tuglie...per raccontar paese...
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