Da Almerigo Mantodragone a Carlo III° di Borbone,
da “le purpette” a “la banana”…è arrivata la “Matonna te la Nunziata”.
“E
soprattutto
amerai quel senso
che tutti li racchiude,
la civiltà”
“C’è un tempo
che resta
anche se noi
andiamo.
Un tempo,
credo di
Tramontalba”
Pierluigi Mele.
“Nonno, nonno! Mi reciti qualche proverbio sulla festa patronale?”, chiedevo
da piccolo a “lu nonnu Ucciu”, mentre dal balcone ammiravo la forza e la
passione de “lu Ntunucciu” che ritmava con il tamburo, per le strade di
Tuglie, l’arrivo imminente della festa. E “lu nonnu Ucciu”, con orgoglio
tugliese, mi diceva che “te la Nunziata la vigna è sciardinata” e che i
pellegrini a piedi dai paesi limitrofi recitavano “Sciamu, sciamu alla
Nunziata cu ‘nde caraca la ‘ntrata”. Detti antichi che ricalcavano un
passato salentino forte, profondo e passionale. Un amore viscerale che
legava il vissuto quotidiano di una comunità nei confronti della Vergine, la
Madonna Annunziata, patrona di Tuglie. Oggi, se chiedo ad un mio
concittadino cosa lo lega alla graziosa città in provincia dell’Aquila -
nota per Ovidio ed i confetti – Sulmona, non saprebbe cosa rispondermi.
Ebbene sì, con questa città, dalla leggendaria nascita per opera di Solimo,
uno dei compagni di Enea, il nostro paese “condivide” qualcosa di davvero
importante. Due comunità d’Italia, Tuglie e Sulmona (Aq), distanti
chilometri e chilometri, sono legate da colui che venerò tanto la Vergine
Annunziata, da farla diventare la nostra protettrice. La devozione è
antichissima perché risale a oltre sette secoli fa: fu Almerico Mantodragone,
un cavaliere di Sulmona che da giovane era stato posto sotto la protezione
della Annunziata, patrona del suo paese, della quale era diventato un
fervente devoto. Ottenute le insegne di cavaliere, egli aveva fatto
effigiare la Madonna sulla sua corazza, sul cimiero, sullo scudo e così
armato, al servizio di Carlo d’Angiò, era partito per le Crociate,
combattendo valorosamente sotto le mura di Gerusalemme, insieme a Riccardo
Cuor di Leone. Per i meriti conseguiti, Carlo d’Angiò lo nominò “visore” di
tutta la Puglia e Signore del Casale di Tuglie, incarico, questo che lo rese
particolarmente lieto perché poteva finalmente coronare un sogno: far
conoscere la magnificenza dell’Annunziata e farla venerare in un altro paese
lontano dalla sua Sulmona. Egli giunse così nella nostra Tuglie senza
soldati, senza armi, senza ricchezza e così si presentò ai nostri antenati i
quali, con grande fervore, accettarono la devozione per la Vergine che da
quel momento divenne patrona del nostro paese. Gli anni passano e quel
casale, diventa sempre più grande, così come l’amore smisurato nei confronti
“te la Nunziata” che si concretizza in una vera e propria festa patronale,
la cui origine si ritiene databile intorno al 1750, quando terminarono i
lavori di costruzione della nostra matrice. Come la devozione era intensa
anche la fiera, istituita a metà del ‘700 da Carlo III° di Borbone abbinata
ai festeggiamenti della Protettrice, era classificata “di notevole
importanza” soprattutto per gli attrezzi agricoli e casalinghi, ma
particolarmente per i volatili da cortile. Noi tugliesi, “li puricini”
prendiamo il soprannome proprio da là. A Tuglie tutto parla della Madonna:
nelle case, nelle chiese, nelle edicole votive; ovunque l’ immagine è
presente nel tessuto sociale di intere generazioni e nell’immaginario
collettivo della gente. Intreccio gioioso di riti civili e religiosi, in un
rincorrersi continuo di suoni, di colori e di volti che determinano il clima
magico della festa e dove gli elementi materiali si fondono, si intrecciano
con quelli religiosi e devozionali, rispettandosi a vicenda, anzi,
integrandosi l’un l’altro, confortati da una secolare tradizione. La festa
con le sontuose luminarie e i grandiosi fuochi ma con il suo significato più
profondo e con il segno più autentico di una comunità che, pur attraverso le
varianti dei diversi periodi storici, costituisce un appuntamento vitale per
le future generazioni di Tuglie. La festa dell’Annunziata è la festa della
città intera che, come accade in tutte le famiglie, attende quel giorno
importante per ritrovarsi allo scopo di onorare con la fede e la tradizione
la Patrona. Nell’era di internet e della globalizzazione, in un mondo che fa
della velocità il suo credo “bruciando” tappe e percorsi, la ricorrenza
della festa patronale ha la sua valenza, è un giorno particolare, perché
costituisce un appuntamento atteso da tutti e che, con il passare degli
anni, vede accrescere il proprio fascino, in virtù del valore attribuitogli
come momento di straordinaria sintesi di particolari tradizioni, oltre che
di fede intensa. E chi, con aria borghese e schizzinosa, si domanda sul
perché nel 2010 si svolgano ancora questi riti, la risposta sta in coloro
che quest’anno hanno preso in mano le sorti di una festa che comporta
sforzo, sacrificio e lavoro. Una sola parola: GIOVANI. Sono loro la vera
forza, a partire da quest’anno, di una festa che è uno spettacolo di luci,
colori, musica e profumi primaverili che riescono a provocare emozioni e
gioia. Oggi come ieri. Per sempre.
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