Sul
giornale La Stampa del 27 ottobre 2016 un certo Giovanni Torsello di Savona,
raccontava che lui era l’ultimo dei rabdomanti, ossia un “cercatore di
acque”.
Leggendo l’articolo mi ricordai
di papà Rocco.
Anche lui era un rabdomante, cercatore di acque.
Nelle nostre campagne di Puglia trovava l’acqua come il
signor Torsello e lui stesso scavava i pozzi con molta maestria e
competenza.
In quei tempi i nostri contadini avevano tanto bisogno
di acqua per irrigare i campi ed anche per il fabbisogno familiare.
Mio padre si rese conto molto presto di possedere
questo dono, svolgeva questo servizio senza pretendere alcun compenso.
“Questo dono l’ho aveva ricevuto da Dio in maniera
gratuita edallo stesso modo lo
donava”. Questo era il suo motto. Da allora sono passati molti anni, mio
padre non c’è più ma la sua storia rimane sempre nei miei ricordi. Lui era
un contadino tutto fare, in quei tempi non c’erano i mezzi di cui si dispone
oggi, si arrivava per competenza o per passa parola di padre in figlio. Si
seminava seguendo il calendario lunare, si raccoglieva all’alba o al
tramonto. Si guardava il cielo, si pregava per il raccolto, si piangeva
quando la grandine distruggeva il raccolto ma andavano avanti ugualmente
rimboccandosi le maniche e ricominciando nuovamente. Erano sicuri che la
provvidenza non li avrebbe abbandonati. Papà era un contadino, la domenica
si dedicava con passione alla sua capacità di trovare l’acqua e lo faceva
esclusivamente per amicizia. Si metteva a disposizione di chiunque chiedesse
il suo aiuto per trovare l’acqua nel proprio campo. Avere a posposizione un
pozzo nel proprio podere era considerata e lo è ancora una grande fortuna.
Questo permetteva loro di poter annaffiare il grano, l’orto e la vigna.
Incuriosita da questa sua capacità chiesi a mio padre come facesse a trovare
l’acqua e a quale profondità. Mi disse: bisogna concentrarsi moltissimo e
tenendo tra le mani quei “vinchi” (ramo d’ulivo), percorrere a piedi nudi in
lungo e largo il terreno. Quando quei “vinchi” vibravano in un certo modo,
in quel punto sicuramente si sarebbe trovata l’acqua e a suo dire anche a
quale profondità. Lui era molto sicuro di quello che faceva ed era
consapevole di quel dono che il buon Dio gli aveva donato. Dopo aver trovato
l’acqua e descritto il tutto con accuratezza, sentiva il bisogno, spossato,
di stendersi sotto un albero di ulivo e riposarsi per poter riprendere
energia. Era molto richiesto nell’entroterra pugliese, nelle sperduta
masserie ricche di misteriose stanze. Al suo rientro raccontava a noi
bambini di aver conosciuto posti bellissimi pieni di storia, ci parlava di
quanto fosse bella e sconosciuta la nostra Puglia. Era nato a Muro Leccese
nel 1907, uno dei luoghi più antichi delle terre salentine, ebbe quattro
figli tutti nati tutti a Tuglie. Ci siamo poi trasferiti in diversi comuni
della Lombardia ma nel cuore i dolci ricordi della nostra infanzia con i
nostri genitori nella nostra piccola casetta di Tuglie. Le regole della sua
vita erano: l’onestà, l’amore per la moglie e i figli, l’amicizia e la fede
in Dio. Una persona semplice con tanti valori. Grazie papà per tutto quello
che ci hai lasciato.
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Tuglie...per raccontar paese...
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