Aspetti della terra salentina -2010- olio su tela - cm. 50 x 70.jpg
Questo è un lavoro da me eseguito nel 2010 e in pratica vuole essere una
cartolina emblematica della nostra terra , o più semplicemente un biglietto
da visita del Salento contadino . Un condensato nel quale , attraverso
l’osservazione di quest’opera pittorica , partendo dal titolo che aiuta a
centrarne il tema , un estraneo che lo osserva potesse farsi un’idea del
contesto paesaggistico tipico e trarre un’opinione dell’anima della sua
gente in massima parte di estrazione contadina . Mi sono ispirato
essenzialmente al paesaggio che si incontra sulla litoranea tra le più belle
d’Italia che da Santa Maria di Leuca porta fino a Otranto , dove la
scogliera alta e biancheggiante al sole contrasta con le chiazze di
vegetazione mediterranea e dove si possono ammirare il dedalo di muri a
secco e le costruzioni delle pajare paragonabili alli furneddri
disseminati nelle nostre campagne Leccesi a forma conica rastremata , simili
nella tecnica costruttiva ma dalla forma conica più alta , costruite in
alcuni esemplari a terrazze . Non manca in esso un albero di ulivo longevo ,
monumento emblematico del Salento dal ceppo massiccio , pieno di cicatrici e
contorto , un po’ annerito e con qualche finestra , qualcuna naturale e
qualcuna dovuta a qualche precedente incendio , un vero libro aperto da
ammirare !
Nel dipinto , la parte del leone la fa il vecchio contadino in primo piano ,
il suo volto segnato dal tempo , rugoso per l’età , bruciato dal sole e
ancor più contrastato dai peli bianchi della barba è emblematico di tanta
nostra gente che si è spesa per una vita intera nel lavoro manuale nei campi
. Il suo sguardo indiretto mostra ancora una vitale vivacità e al contempo
una triste rassegnazione al suo status di contadino , uomo di fatica ,
accumulata anno dopo anno e ai tanti disagi a cui la sua condizione lo ha
inevitabilmente costretto . Nel suo volto così irrimediabilmente segnato vi
si può ancora scorgere un’antica fierezza che è stata il viatico che lo ha
accompagnato nella vita irta di sacrifici e immani fatiche . Quando ho
realizzato quest’opera ho pensato a mio padre Cesario , lu Saiu te lu
RRaona e a mio nonno materno Buonaventura , lu nonnu Vantura i
personaggi più diretti da cui ho attinto tante esperienze che mi hanno
aiutato a crescere come uomo . Li rivedo ambedue segnati dalla fatica ,
curvi irrimediabilmente per il tributo pagato alla terra dopo una vita spesa
con la zappa in mano , e quella postura irreversibile portatrice di dolori
fisici li costringeva ad accompagnarsi alle loro biciclette che era il loro
bastone di sostegno ma pur sempre indomiti e ancora dediti al lavoro sia
pure con tante riserve dettate dagli acciacchi e dall’età .
A questo punto mi prendo la libertà di fare una piccola divagazione sul tema
. Nell’ ultimo anno di vita di mio padre , ormai infermo , durante il
periodo estivo , quando arrivato a Tulie per le ferie , avevo sempre
l’opportunità di andarlo a trovare e a chiacchierare un po’con lui . Un
giorno mentre si parlava appunto di fatiche dovute al mestiere di contadino
e di come queste segnavano la gente ebbi a dire : Tà , su convintu
ca quandu sciamu all’addru mundu imu stare sicuramente meiu te quai
sulla terra . Sirama prima m’ave guardatu e poi cu ddru sorrisettu can
nde vania quando ulia cu dice qualche cosa te curiosu me rispose : Ma
secondu tie , mo ci vau addrassusu , quando me dummandame ci haggiu fattu
finche a moi , nu mboi ca ndaggiu dire ca su statu contadinu ! E quiddri
quandu sentene sta risposta , nu mboi cu me mintane n’addra fiata la zzappa
a manu ! Allu mumentu m’ave spiazzatu , ma poi nde tissi : none Tà , ci
propriu t’ane fare faticare ancora, ammessu ca puru a ddrai s’ave faticare ,
stai certu ca sta fiata te tane nu trattore , ca tie te l’hai mmeraratu topu
tanta fatica ca hai fattu , almenu te stai ssattatu e cu la spaddra taritta
! Mah ......! Speriamu , me rispose!! Poi quando lo salutai prima di
partire , lo incoraggiai a mantenersi in salute perché desideravo rivederlo
l’estate successiva ma lui sentendo che i suoi giorni terreni erano agli
sgoccioli mi disse con gli occhi velati di pianto : Cin nun nde vitimu a
quai , nde vitimu a ddrai!!
Avrei finito ! Non so fino a che punto sia riuscito nel mio intento e a
quanti che avranno la bontà di leggere queste mie righe possa aver suscitato
in loro un qualche interesse , so solo che l’ho realizzato con una passione
bruciante tratta dal ricordo sempre vivo dei miei familiari , ( fa famija
innanzi tuttu , me ticia sirama ) , avvalendomi delle mie modeste capacità
di pittore che desidera solo lasciare un piccolo segno del proprio passaggio
di quella che è stata la nostra storia di gente nata e vissuta al Sud .
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Tuglie...per raccontar paese...
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