Contadini e somari - 2019- olio su tela –cm.
50 x 60
Carissimi amici tugliesi e non, torno a esprimermi con questo lavoro di pittura
della serie “come eravamo” con una scena contadina che si innesta bene in quelle
che erano le attività delle famiglie contadine di oltre mezzo secolo fa. L’idea
di rappresentare una coppia di contadini alle prese di scaricare un carico di
legname in groppa a due ciuchi mi ha solleticato la fantasia, memore di aver
appena terminato di dipingere una Natività 2020 in cui compariva la figura del
somarello . Che volete farci, a me i somari piacciono e già ne ho dipinti
parecchi ( N° 16 natività e altrettanti somari ) più tre dal titolo : ( Ritorno
dai campi 1977-213-2014 ) , più una dal titolo : ( “ Sopravvivere in solitudine
del 2005 “), più un’altra ancora dal titolo : ( Bevute d’altri tempi del 2008),
insomma, parecchi! E come dico sempre al mio amico Pantaleo Nicoletti , a me
piacciono quelli a quattro zampe , molto meno quelli a due zampe di cui è pieno
il mondo. Che volete farci , esistono anche loro, e pur sopportandoli non
bisogna dar loro credito e la tattica migliore è ignorarli. Stavolta ne ho
dipinti due in diverse posizioni che pazientemente aspettano di essere liberati
dal peso che si sono portati addosso magari da qualche ora e non trovano di
meglio che mangiare quella poca erba che cresce sulla strada sterrata. Questo
lavoro è un omaggio alla categoria dei contadini e alle bestie da soma che tanto
hanno contribuito nello sviluppo della civiltà contadina. È’ chiaro che questo
lavoro ha il sapore di cose antiche, chiamatele pure vecchie, ma sono questi,
tra gli aspetti di quella vita che si viveva nell’immediato dopoguerra che
solleticano la mia mente. Mi piace ricordarli quei tempi, con la qualità della
vita che, pure con scarsità di mezzi, non ha confronti col mondo super
tecnologico e frenetico di oggi. Chi quei tempi li ha vissuti come me, sa dare
il giusto valore e sa discernere nel confronto con la realtà attuale. Il lavoro
rappresentato rimanda a un tempo in cui i nostri paesi al Sud avevano le strade
periferiche ancora in terra battuta ( Via Corte Nuova a Tuglie, sul rione Longa
dove abitavo era una di queste ). A onor del vero non ricordo quanti tugliesi
erano in possesso di un asino , mi restano alcuni ricordi fumosi degli anni 50
ma ero troppo piccolo /( tenete conto che sono nato nel 1948 ) e pertanto ….
Comunque il tema resta, e per onorare la nostra gente di estrazione contadina e
quanti avevano un asino come compagno di lavoro voglio parlarne in modo
esaustivo come queste figure meritano . In queste pagine voglio ricordare quelli
che erano i principali mezzi trasporto e di locomozione nelle nostre contrade
prima che Moto Ape, camion, trattori e fuoristrada soppiantassero quadrupedi,
traini e calessi a trazione animale.
Alcune considerazioni sul tema :
L'asino era "il mezzo di trasporto" più diffuso tra i contadini del XX secolo al
Sud ed anche il più amato e tenuto in debita considerazione, infatti era quasi
un componente della famiglia ed anche tra i più importanti, quello che,
comunque, era considerato il più produttivo. Animale intelligente (molto più
intelligente del cane, nonostante il suo nome sia diventato sinonimo di
ignorante), paziente, affettuoso ed instancabile, veniva adibito ad ogni sorta
di trasporto per le impervie stradine delle nostre contrade campestri. E cosi
sul groppone del povero somaro si caricava la legna per scaldarsi raccolta dopo
la rimonda degli ulivi, ortaggi, materiali da costruzione. Ovviamente, le poche
volte che non c'era qualcosa da trasportare il povero somarello doveva
sobbarcarsi la fatica di portare in groppa il proprio padrone. Eternamente
legato – e non potrebbe essere altrimenti-, specie dal maniscalco a cui si
ricorreva per la ferratura, e dal sellaio per la fornitura del basto ( lu ‘mbastu),
grossa sella realizzata in legno, cuoio e cordame vario, utilizzata per il
trasporto delle persone ma principalmente per il trasporto dei vari tipi di
carico (soma) a cui era adibito l’asino. La legatura era d’obbligo perché ,
benché avesse un carattere docile, quando veniva obbligato ad assumere posture
non usuali e per esso fastidiose, di sovente ti potevi aspettare qualche
scalciata poco salutare. Molti sono gli aneddoti tramandatici dai nostri nonni
che dimostrano che, molto spesso, l'asino si rivelava molto intelligente. Si
narra poi che quando l'asino si ammalava o, peggio ancora, moriva, in casa
piombava la disperazione perché veniva a mancare l'apporto insostituibile di
questo generoso animale che, molto spesso, costituiva la vera ricchezza della
famiglia. L’asino è l’animale che più di ogni altro ha svolto un ruolo
fondamentale nel mondo rurale al Sud , segnandone così storia e cultura, in
particolare del mondo contadino di cui ha rappresentato lo strumento di lavoro
essenziale. Per il contadino l’asino è stato mezzo di trasporto e poi
insostituibile compagno di lavoro: nei campi, per i lavori di aratura; nel
frantoio ( trappiti) come mezzo di trazione delle molazze; in campagna, per il
trasporto di legna e fascine; nel vigneto, nell’uliveto e ovunque si spandesse
il sudore dell’uomo nel lavoro.
L’aspetto terapeutico dell’asino:
Ben note erano invece, fin dai tempi più remoti, le proprietà nutritive del
latte d’asina, vero e proprio farmaco salvavita per neonati con problemi di
intolleranza. È ampiamente dimostrato e riconosciuto, infatti, che il latte
d’asina presenta caratteristiche biologiche molto simili a quelle del latte
materno, di cui può diventare indispensabile e unico sostituto, contenendo
importanti sostanze ad attività probiotica, anticorpi e composti ad azione
antibatterica. Ai nostri giorni esso è largamente impiegato per “ l’onoterapia “
ossia - la terapia assistita con gli animali – coinvolgendo l'asino per alcune
caratteristiche proprie : (taglia ridotta, pazienza, morbidezza al tatto,
lentezza di movimento e tendenza ad andature monotone).
L’utilità nei trasporti :
Nei trasporti rurali del Salento, l’antichissimo uso del traino con il mulo è
qualcosa che si perde nella notte dei tempi della civiltà umana; e la Terra dei
Due Mari ha conosciuto questo mezzo sin dalla preistoria; ossia sin
dall’invenzione della ruota, appunto. Eppure i nostri docili e servizievoli (
ciucciareddhi salentini ) ( ciuchini salentini ) pare siano in via di
estinzione.
Il rapporto contadino-asino era certamente basato sull’affetto, l’animale era
parte integrante di ogni aspetto della vita dei suoi padroni, era “strumento” di
lavoro, ma anche qualcosa in più … era parte della famiglia, e agli asinelli
venivano riservate attenzioni delicate e amorevoli.
Nelle aie, nei trappeti … chissà quante pietre per i muretti a secco hanno
trasportato, o per la costruzione di pajare, furneddhri e neviere ( grotte
naturali per la raccolta della neve per l’estate ), tutte le strade delle
campagne, le vie messapiche sono state movimentate grazie alle energie di questi
quadrupedi, che per alcuni millenni hanno ripercorso antichi tracciati; e
ovunque i nostri asini e muli erano forza-lavoro: una presenza costante. Erano
davvero imponenti i lavori degli asini: erano loro che trasportavano le “Ozze” (
i grossi contenitori di terracotta per il trasporto e conservazione di vino e
olio ), o le botti da 25 litri in media per il vino, i canestri flessibili che
portavano appesi al dorso inzeppati fino all’orlo di prodotti della terra. E
come non ricordare i muli e gli asini nei trappeti ipogei dove per cinque o sei
lunghi mesi l’asino bendato girava la pesante macina (la grande pietra molare)
per la spremitura delle olive; in tutto quel periodo la stalla dove riposava
l’asino era contenuta all’interno del frantoio. L’intelligenza dei somari è
divenuta proverbiale e immortalata nel canto : “Sciamu Nina mé. Sciamunde a
casa” …. ( andiamo Nina adesso, andiamo a casa ) dove Nina è un vezzeggiativo
usato per chiamare e parlare al proprio asino. I contadini sui traini o calessi,
al ritorno dal lavoro nei campi, erano talmente stanchi che spesso si
addormentavano, mentre il somarello da solo riportava il suo padrone a dimora.
Esattamente come nella poesia del Pascoli : (O cavallina, cavallina storna, che
portavi colui che non ritorna; lo so, lo so, che tu l'amavi forte! Con lui c'eri
tu sola e la sua morte … …) Scusate l’intermezzo poetico ma sono convinto che fa
bene alla mente ricordare questi versi. E infatti “Lu ciucciu“, ( l’asino ) come
era chiamato da tutti, non era proprio un somaro!
Il Salento è anche ricco di proverbi sull’asino, ho scoperto una modesta
quantità di modi di dire in dialetto salentino che danno conferma dell’assoluta
vivacità della saggezza popolare sia nel lessico sia nelle consuetudini
ambientali e sociali fra l’asino e i suoi amici padroni. Solo qualche detto
popolare : Fatia comu nu ciucciu (Lavora come un asino) - Ciucciu de fatica (chi
lavora senza sosta) - Quandu lu ciucciu nu mbole cu bbiva macari ca fischi (Se
l‘asino non vuole bere, è inutile che lo chiami - Quandu lu ciucciu raja, è cu
chiama la paja, quannu lu masculu suspira è la fimmina ca lu tira (Quando
l’asino raglia, è per chiamare la paglia; quando il maschio sospira, è perché la
femmina che lo attira) - Ttacca lu ciucciu a du ole l’addru ciucciu (Lega
l’asino dove vuole l’altro asino- riferito al padrone- ) - Cu lavi la capu allu
ciucciu perdi tiempu e sapone (A lavare la testa all’asino sprechi tempo e
sapone - Lu bue dice curnutu allu ciucciu (Il bue ingiuria cornuto all’asino)……
uno più bello dell’altro !! Tutto ciò fa pensare alla grande epopea dell’asino
nella storia, tanto da associarlo a simbolo della vita contadina. Ai giorni
nostri e a partire dagli anni 60 in Europa, l’intensa meccanizzazione in
agricoltura ha sottratto all’asino il suo impiego quale animale da lavoro ed ha
portato molte razze alla scomparsa o prossime all’estinzione. Esso tuttavia
rappresenta ancora un’importante risorsa nell’economia di numerosi Paesi in via
di sviluppo e non solo. Anche il loro valore culturale è considerato uno dei
tratti più importanti; e la volontà di preservare le razze autoctone è stata
associata al valore storico che rivestono e che riflettono la lunga simbiosi con
l’umanità tali da contribuire a ricordare antiche tradizioni. Noto per la sua
ostinazione, oggi è considerato spesso simbolo di modesta intelligenza: ai
giovani poco preparati vengono attribuite le orecchie di asino e l'appellativo
di somaro.
Caratteristiche somatiche e comportamentali :
Dell’asino ci colpiscono le orecchie lunghe, la pesante testa e le grosse
labbra, il caratteristico raglio. Nell’immaginario collettivo è pigro, cocciuto,
ostinato fino alla stupidità. Quante volte abbiamo sentito e detto: “Non fare
l’asino” e “Sei proprio un asino”. Ma questo pensare comune corrisponde alla
realtà? La domanda a questo punto nasce spontanea. Perché l’asino ha perso la
sua reputazione dei tempi antichi, trasformandosi in un animale stupido, pigro e
cocciuto? L’asino in tutto il suo essere è un animale attento, affidabile e
ponderato. Ha una memoria eccezionale, quel che ha conosciuto e sperimentato una
volta non lo dimentica mai più. Persino dopo molti anni si ricorderà di un
vecchio compagno di stalla o di una persona conosciuta bene e riconoscerà la
strada di casa. L’asino, a differenza di molti animali è indipendente, è capace
di autogestirsi nella relazione con l’altro e tuttavia s'è fatto fama di
«cretino». Tra gli erbivori è ritenuto quello in grado di riconoscere il maggior
numero di sapori, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “raffinato giardiniere”.
Ed ecco alcune caratteristiche atte alla bisogna. «È un animale, paziente e
sempre pronto a servire uomini e donne, poveri e ricchi, sani e pazzi, religiosi
e laici, peccatori e credenti, senza mai chiedere nulla e portando some che,
compreso l'uomo che lo cavalca, superano di due o tre volte il suo stesso peso.
Gli asini, simbolo del faticare! Già…..! Pare allora strano che il cantastorie
reclami : “ tali gli asini, tali i contadini ” ?
L’asino nella storia umana :
Pur tuttavia l'asino ha una sua ambiguità. Da una parte, è animale evangelico
(Cristo entra a Gerusalemme, la domenica delle Palme, in groppa a un asinello ),
dall'altra fa sovente la figura del lussurioso. Che considerazione fare su tale
doppiezza? L'asino è animale "evangelico" in quanto, per così dire, simbolo di
povertà. Nelle culture classiche, greca e latina, è connesso alla lussuria. Due
aspetti: Primo: L'asino, per quanto non molto prolifico, ha grandi appetiti
sessuali. Forse, chissà, per rimediare alla scarsa prolificità. Secondo: tra i
quadrupedi l'asino sembra avere il membro più grande. E allora in diversi autori
dell’era della cultura classica , l'asino diventa oggetto di desiderio da parte
della donna». A tal punto la figura dell'asino si mescola alla «questione
femminile»? Nell'immaginario collettivo maschile, impaurito dalla potenza
sessuale femminile, germina l'idea che la donna, nel cercare il piacere
attraverso membri di dimensioni notevoli, aspiri all'asino. Non a caso animale
associato a Priapo, divinità greca-romana che veniva rappresentata come un
piccolo uomo barbuto dotato di un fallo enorme e più in generale la donna è
vista come affetta da zooerastia, dal desiderio di accoppiarsi con un animale».
Quella che gli inglesi definiscono «bestiality». Nella cultura neo classica,
proprio per queste caratteristiche lussuriose, l’asino era considerato un essere
demoniaco in quanto induceva al peccato. Ma andiamo a rivedere l’aspetto
mansueto dell’asino nel presepe. I due animali, il bue e l'asino, sono proposti
quali «segni di forze opposte». In entrambi, però, possiamo rintracciare
l'attributo della pazienza e della sopportazione, virtù rarissima nel mondo
animale e non di meno misteriosa eccezione, questa dell'asino e fianco del bue.
Commento all’opera :
Quest’opera qui rappresentata è per me un lavoro complesso per i miei mezzi di
umile pittore. Se ho centrato quelle che erano le mie aspettative l’ho fatto con
notevole impegno derivante dai molteplici aspetti del tema che ho riassunto con
passione nell’esposizione di cui sopra. In ultima analisi, sono stato
trasportato dall’ammirazione per questi animali e per tutto quello che hanno
rappresentato nella cultura contadina del Sud. La sceneggiatura è quella di uno
scorcio periferico di paese così come me lo ricordo con una strada sterrata, (
la strada dove abitavo io era una di queste ). Ho dovuto fare una forzatura
nell’immaginarla col terrapieno morbido su cui cresce spontanea dell’erba un po’
rada e questo mi è servito per giustificare la postura dei due animali che
stanchi e affamati dopo una lunga sgroppata col peso non trovano di meglio,
essendo in sosta, che strappare qualche filo d’erba per cibarsene. Da notare che
la stessa idea l’hanno avuta entrambi, ( una fatto istintivo). A parte i due
somari che catturano l’attenzione, l’altro fattore che determina l’attenzione
dell’osservatore sono le fascine di legna sapientemente accatastate sulle
rispettive some con un effetto cromatico non indifferente e per ultimo,
l’atteggiamento della coppia familiare di contadini che si apprestano a slegare
il carico. Fa da sfondo una sequenza di povere abitazioni dipinte e colorate in
modo a dare un certo movimento e soprattutto una certa profondità. Per
interrompere la monotonia delle linee verticali ho messo uno stelo nudo di un
rampicante che si butta nella fessura in alto a sinistra che fa immaginare un
sottotetto di parziale copertura all’interno di un cortile. Alle spalle del
contadino, sempre per arricchire l’aspetto cromatico d’insieme, ho immaginato
una copertura a parete di lamiera ondulata che potrebbe essere anche una porta
di una stalla o di un deposito di attrezzi agricoli, inizialmente dipinta di
azzurro e in parte corrosa arrugginita. Per rimanere sempre in un contesto di un
paese agricolo abitato da povera gente. Il cane gironzola intorno alla scena e
la arricchisce di movimento. Avrei finito, e come sempre spero che il tutto
abbia incontrato il vostro gusto per le cose semplici di un mondo ormai quasi
caduto nell’oblio ma che ha lasciato un segno positivo e nostalgico in quanti
quel mondo lo hanno assaporato vivendoci di persona.
Un abbraccio a tutti / tutte – e un saluto in particolare ai miei conterranei e
meglio ancora: coetanei.
In fede : Salvatore Malorgio, umile pittore, aspirante scrittore e tugliese
D.O.C.
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Tuglie...per raccontar paese...
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