Salvatore Malorgio-Il Rosario nella civiltà
contadina-2021-olio su tela - cm. 60 x 80
Le nostre nonne e la recita del rosario ….
Ciao Carissimi amici e amiche mie, dopo la pausa estiva ritorno all’impegno
artistico con quest’opera che oserei dire unica nel suo genere nel senso che
sviluppa un altro aspetto della vita che si conduceva nell’immediato
dopoguerra laggiù nel mezzogiorno d’Italia, in terra Salentina. Ho coniato
il termine “ opera unica “ in quanto a memoria, non sono venuto mai a
conoscenza di una rappresentazione pittorica col tema del rosario di autori
moderni o contemporanei . Esistono ovviamente opere storiche la cui
iconografia del rosario è stata sviluppata nei secoli scorsi con le figure
di Santi e Madonne. Quest’opera tratta della testimonianza di fede nella SS.
Trinità e nella Madonna da parte di un gruppo di vecchiette che per il
contesto ambientale, gli atteggiamenti ivi rappresentati e dal loro dismesso
abbigliamento, rimandano decisamente a tempi passati. Ho pensato molto prima
di intraprendere la via dell’impegno nel voler realizzare questo lavoro che
va ad arricchire la galleria artistica su usi e costumi del mio Salento con
questa pagina di “ amarcord “ che spero susciti almeno in quelli della mia
età qualche ricordo, qualche riflessione, e una qualche emozione
nell’osservazione pittorica. In fondo questo lavoro è un omaggio alle alte
Sfere Celesti come ringraziamento per avermi donato la fede cristiana, la
loro infinita benevolenza e il costante aiuto elargitomi gratuitamente nel
corso della mia vita. Un’altra dedica la voglio fare alle nostre nonne che
grande rilevanza hanno avuto nella evoluzione educativa, formativa e dello
sviluppo umano di ognuno di noi.
Le nostre nonne sempre con la corona del rosario in mano …
Una corona contro il coronavirus per attualizzare il tema. Solo ora mi rendo
conto di cosa significasse per mia nonna Fiorentina, ( la sola conosciuta in
vita ), e per le nostre nonne la recita del santo rosario. Mia nonna e le
altre di quel tempo avevano sempre con sé la corona, solitamente nel tascone
frontale del grembiule. Posseggo la sua corona originale ( un regalo di mia
zia Giuseppina – la zi Pippi ) come una reliquia , perché per me, di
reliquia si tratta. Sedute sulla panchetta, vicino al camino, fuori dal
portone, sull’aia, mentre sferruzzavano o pulivano le cicorie, ecco che una
cominciava: “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo …” Solo
ora mi rendo conto davvero di cosa significasse per le nostre nonne la
parola “Provvidenza”. Avevano già sperimentato quello che noi oggi, ancora
increduli e sconcertati per gli avvenimenti coercitivi della pandemia stiamo
sperimentando. Ma a differenza nostra loro accettavano, chinavano il capo e
andavano avanti affidandosi all’unico appiglio, all’unica àncora di salvezza
per non impazzire. “ La Fede “ . Quella corona del rosario in mano, magari
con davanti la foto di qualche figlio perduto. Umilmente consapevoli, anche
se non avevano studiato, di essere poca cosa, piccole foglie trasportate dal
vento nell’immenso. Consapevoli di essere solo di passaggio su questo mondo.
Di essere ospiti. Non padroni. Una corona come scudo dell’anima. Una corona
contro le cattiverie del demonio e come lasciapassare per la vita eterna.
Il rosario delle nonne – un incontro al femminile :
Con questo mio manoscritto mi pongo il problema e mi chiedo: ma oggi in
questo mondo scristianizzato e di abiura alla religione cristiana, questo
nostro tempo in cui impera la nuova religione umanitaria, dove l’uomo ha
messo in atto la sua sostituzione a Dio creatore , dove impera la falsa
pretesa della scienza che promette la risoluzione di ogni problema umano e
si sostituisce persino alla creazione dei nuovi esseri umani in laboratorio,
c’è ancora posto per parlare di rosario? Certamente sono-siamo pochi i
rimasti fedeli alla chiesa cattolica ( l’unica religione rivelata ) e al
Vangelo di Gesù e ai suoi insegnamenti. Per grazia di Dio mi annovero tra
questi pochi e nel mio piccolo , con quest’opera metto in rilievo il
problema della fede perduta e attingo a quelle che erano le abitudini delle
nostre nonne e nonni zelanti nella partecipazione ai sacramenti e agli
insegnamenti della chiesa cattolica, e poi come testimonianza diretta per
aver vissuto quell’epoca in terra di Puglia. In tutto questo mio impegno
pittorico non ho potuto reprimere un interiore moto di stupore, e mi sono
reso conto che è davvero possibile scrivere ancora sul "rosario", proporre
una rilettura dei suoi misteri e pensare di trovare ancora interlocutori. Lo
penso e lo spero ardentemente e ciò che mi ha veramente colpito oltre
misura, è la percezione del rosario come una sorta di spazio aperto, di
"stanza tutta per sé", l'unica offerta alle nostre nonne incolte, che grazie
alla sua recita interrompevano la routine del lavoro per raccogliersi
"insieme". Il tempo del rosario come tempo di sosta, come tempo riservato,
come tempo proprio che nessuno può contestare e che la sua pratica pia
potesse celare una potenziale emancipazione e un senso di libertà interiore.
Cosi pregavano i nostri padri …… :
Anticamente, la consuetudine di recitare il rosario serale vigeva presso
tutte le famiglie e la partecipazione comunitaria di tutti i membri. In
genere, il rosario veniva recitato quotidianamente da ottobre a maggio,
ossia dall’autunno alla primavera ed in particolar modo quando, soprattutto
durante l’inverno, le avverse condizioni climatiche obbligavano i contadini
a rifugiarsi in casa. Per tradizione, era il capofamiglia ad intonare il
rosario. Il luogo privilegiato per la recita del rosario era la cucina ed il
punto d’aggregazione il focolare, il quale costituiva il vero e proprio
centro di gravità del microcosmo domestico. Il termine rosario deriva
dall’usanza medioevale di porre una corona di rose sulle statue raffiguranti
la Vergine Maria. La recita del rosario completo delle litanie lauretane,
era consuetudine recitarlo a rotazione presso una famiglia diversa della
contrada. La pratica del rosario itinerante, pur nella sua connotazione
prettamente religiosa, va considerata come espressione della solidarietà
che, rispettando i vincoli sanciti dalla tradizione, legava tra di loro i
componenti della classe rurale. Alla recita del rosario è connessa la
possibilità di ottenere un’indulgenza plenaria o parziale. E così pure con
l’approssimarsi delle feste religiose, era consuetudine che le donne si
riunissero in casa per la recita del rosario. Questi “happening casalinghi”
per la recita del rosario tra parenti e vicini di casa, erano frequenti e
molto sentiti, e si svolgevano quasi sempre alla fine del meriggio, verso
sera.
Qualche mia reminiscenza …. :
Ricordo che sovente si usava ospitare in casa una statua di un santo per uno
o due giorni in modo itinerante ed era occasione per la recita del rosario
serale. Lo si recitava anche per l’occasione di qualche defunto o per
chiedere grazie di guarigione per qualche congiunto gravemente ammalato. Per
esperienza diretta posso dire che vigeva anche la consuetudine di cucire
vestitini ai bambini affetti da malattie gravi mantenendo i colori dal
modello iconografico copiato dalle statue dei santi che erano esposte in
chiesa o dalle immaginette. Ricordo che per un certo periodo di tempo, al
principio degli anni cinquanta, mia sorella Rita, nata con una malformazione
( in seguito operata a Roma all’ospedale Bambin Gesù), era vestita con un
abitino lungo, rosso e verde col il bordo ornato da una trina gialla come
quello dei Santi Medici Cosma e Damiano. Questa usanza era praticata con
fede, come un esorcismo contro il demonio e per propiziarsi il favore e la
guarigione del santo intercessore. A volte in prossimità di alcune feste
religiose, si allestivano dei veri e propri altarini in strada, con teli
bianchi, fiori, candele e un quadretto o la piccola statua del santo o santa
e la Madonna di turno. Spesso il Rosario veniva recitato in strada proprio
vicino a questi altarini. Queste pie donne, si sedevano in cerchio, una
accanto all’altra con il rosario tra le mani ….
Il tramonto della civiltà contadina e il declino di questa pratica religiosa
:
Quella società era ricca di spiritualità, di religiosità e di parsimonia che
avvolgeva ogni gesto e momento della vita contadina. Tutte le case avevano
la candela della Madonna contro la grandine, nelle case a sera uomini, donne
e bambini recitavano il rosario, ogni domenica nessuno mancava alla messa.
Chi non aveva candele da accendere si serviva di un bicchiere colmo per due
terzi di acqua e per circa un terzo di olio di oliva , si facevano
galleggiare due pezzi di sughero ottenuti dal taglio circolare di un
turacciolo tenuti insieme da due spilli su cui veniva appoggiato un piccolo
lumino vegetale ( dalla pianta dei lumini - una specie selvatica perenne -).
E ancora le solenni processioni che radunavano tutto il paese, le
preparazioni alle grandi feste, le celebrazioni esistenziali dalla prima
comunione alla cresima e fino al matrimonio. Un universo che ruotava attorno
alla chiesa e alla canonica riconosciuta come centro vitale della vita
comunitaria. Ed è proprio da quella manualità e praticità, succhiata dai
ragazzi dell’epoca con il latte materno, che è sbocciata nel decennio
successivo la nuova società italiana che ha visto l’abbandono della terra e
la cancellazione di un percorso secolare. Chi non era andato a scuola aveva
intrapreso la strada del lavoro. E così quando si è presentato il miracolo
economico, si sono trovati pronti e abili nell’aprire attività nuove e
aziende imprenditoriali che hanno cambiato il corso della loro vita
dimenticando le tradizioni e soprattutto la consapevolezza di essere
creature di Dio fino a negare la sua esistenza ed ergersi a padroni del
mondo col “ pensiero unico dominante “ frutto del nuovo ordinamento
mondiale, ( vedi la globalizzazione ) dove Dio non trova più posto, relegato
in modo blasfemo a invenzione umana , perciò inutile. Che tristezza !!!
Concludo :
Con questo dipinto e questa cartolina verbale ho voluto
testimoniare ancora una volta l’aspetto della nostra società contadina
quando la vita era più faticosa , più aspra, ma anche, pur senza rimpianto,
più serena , se non solo più felice .
Commento all’opera: Posso definire questo lavoro come un’opera scritta col pennello ( anzi con i
pennellini ), Salta subito all’occhio la ricchezza di particolari nella
disposizione della scena, ricca di cinque “ nonne d’epoca “ immerse con
devozione nella recita del rosario. La difficoltà nella realizzazione è
stata quella di impostare ovviamente il disegno e le volumetrie e farci
stare in una tela 60 x 80 cm. cinque personaggi a dimensione ridotta. La
difficoltà è grande quando si lavora su piccole dimensioni dove a volte la
punta del pennellino è persino ingombrante. Per poterle rappresentare ho
scelto come ambiente una cucina rurale di grandi dimensioni come poteva
essere quella di una casa colonica o di masseria Salentina col grande camino
che era il luogo di aggregazione ideale per questi appuntamenti serali. Ho
usato molta fantasia nel vestiario delle nonne di mezzo secolo fa e ho
attinto tanto dai miei ricordi di ragazzo. Gli atteggiamenti delle nonne è
studiato in modo da creare l’atmosfera di giusta devozione quando vi erano
questo tipo di raduni. Lo stesso ambiente con le icone della Sacra Famiglia,
della Madonna col bambino e il lumino votivo acceso determinano il luogo
ideale dove regna la fede e il timor di Dio delle comparse attempate. Lascio
alla vostra attenzione tutte le suppellettili e gli attrezzi da cucina che
determinano il mondo rurale con l’ambiente povero nella struttura ( ad
eccezione del monumentale camino ) ma ricco di santa umanità.
Un saluto e un abbraccio fraterno a tutti / tutte : Salvatore Malorgio
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Tuglie...per raccontar paese...
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